Postato il 24 Luglio 2008
Sono numeri importanti che indicano quale ruolo abbia avuto tale autovettura nella motorizzazione dell’epoca. Quante persone hanno imparato guidare su quest’auto. Nei miei ricordi personali di 16enne, trascorrevo le domeniche con il mio amico Enrico all’interno dei cancelli della cartiera di suo padre, a bordo della 500 della madre. Le centinaia di metri di strada asfaltata che circondavano la costruzione erano un’ottima palestra di pilotaggio, banco di prova delle più fini “doppiette”. Molti di voi si domanderanno che cosa è una “doppietta”: la 500 non aveva il cambio sincronizzato e così per scalare di marcia occorreva dare un colpo di acceleratore quando si portava la marcia in folle prima di inserire la marcia inferiore, per evitare “grattate” tremende. A dir la verità, acquisita l’esperienza, si cercava di scalare “sentendo il cambio”, in modo da inserire la marcia inferiore senza doppietta e senza grattare. Povero cambio! Poi c’era anche il “punta-tacco”, ulteriore raffinatezza perché col piede destro oltre dare il colpo di acceleratore si frenava
contemporaneamente. Virtuosismi dell’epoca.
Oggi questi sono ricordi, coccolati come siamo da cambi sincronizzati (anche sulla retromarcia), cambi robotizzati, cambi a variazione continua, cambi sequenziali, cambi automatici intelligenti, cambi a doppia frizione. A dire il vero la “doppietta” non è sparita: ho avuto l’esperienza e il piacere di viaggiare sulla Lamborghini Murcielago sulla pista di Quattroruote a Vairano. Ero in eccellenti e sicurissime mani perché pilotava questo bolide l’Ing. Marco Perucca Orfei: ebbene quando l’Ing. Perucca con il paddle al volante scalava la marcia, autonomamente il cambio faceva la “doppietta”: una “libidine” per l’orecchio dell'appassionato.
Ritorniamo ora alla 500 del 1957 e ripercorriamo la storia di questa affascinante piccola automobile. Parlarne è anche attualità perché tra poco tempo, esattamente il 4 Luglio 2007, a 50 anni esatti, nascerà la riedizione moderna di questa mitica vettura. Siamo impazienti di vederla dal vivo e provarla: l’attesa è elettrizzante.
C’era una volta…la Topolino. O meglio la 500C.
Aveva bisogno di un’erede e così il presidente della Fabbrica Italiana Automobili Torino (FIAT) l’ing. Vittorio Valletta dà mandato all’ing. Dante Giacosa di progettare la “Nuova 500”. Requisiti indiscutibili:
Questa mini vettura doveva rappresentare il passaggio, per molti, dalle due alle quattro ruote.
Le idee di stile sono di un giovane impiegato tedesco della Deutsche-Fiat, Hans Peter Bauhof, il quale si ispira al Maggiolino della Volskwagen.
L’ing. Giocosa lavora personalmente sulle forme suggerite, definendo poi con prototipi in gesso il disegno definitivo.
Per quanto riguarda il motore, scartata subito l’idea di un due tempi, sono valutate varie unità a quattro tempi con due cilindri raffreddati ad aria forzata, collocato posteriormente. La scelta ricade sul motore longitudinale a due cilindri affiancati, con camere di combustione a tetto in testa e punterie ad aste e bilanceri, due valvole per cilindro, cilindrata di 479 cc, 13 CV di potenza. Per ovviare alle vibrazioni che una tale unità costruttiva aveva, il motore viene montato a sbalzo su una piccola sospensione a molla ancorata alla traversa posteriore.
Il 4 Luglio 1957 avviene la presentazione, con il nome di “Nuova 500” per sottolineare la discendenza dalla 500C Topolino. Velocità 85 km/h, prezzo 490.000 lire. Era piccola: lunga m. 2.97, larga m. 1.32, alta m. 1.33.
La vettura è veramente spartana: assenti le cromature che all’epoca avevano tanto successo, il comando delle frecce è una levetta trasparente al centro del cruscotto sopra la chiave di accensione, le luci si comandano con la chiave di accensione, commutandola su sei posizioni. Quindi niente levette del devioluci e delle frecce sul piantone dello sterzo. Niente lavavetro e portacenere.
Ancora. I vetri sono fissi con l’eccezione si due deflettori laterali apribili a compasso, senza fermo, che alla massima apertura ostacolano le mani sul volante.
Non c’è il sedile posteriore ma una semplice panchetta e l’omologazione è per due persone (antesignana della Smart odierna).
Il tetto è rappresentato da una capote in tela che scende, con l’ausilio di pantografi, sino al cofano posteriore del motore, dove può essere fissato con una cinghia di cuoio, arrotolato. Il lunotto è in vinile.
Anche le ruote sono all’insegna della spartanità: sono di colore giallo crema , con i bulloni a vista e sono assenti le coppe cromate che tanto erano amate al tempo.
Gli indicatori di direzione laterali (lucciole) sono a goccia e fungono anche da luci di posizione; sono assenti quelli frontali, sostituiti, al di sotto dei fanali (incassati senza cornice), da due feritorie che servono a veicolare l’aria esterna nell’abitacolo: due tubi attraversano il bagagliaio (è davanti perché dietro c’è il motore) e raggiungono due bocchette che si trovano sotto la plancia. Per il riscaldamento viene utilizzata l’aria di raffreddamento forzata del motore, che è aspirata dalla presa d’aria a griglia posta sotto il lunotto. Per attivare il riscaldamento si utilizza una semplice levetta (on-off), posta subito al di sotto della panchetta posteriore, che agiva sullo sportelli di chiusura di un condotto che convogliava l’aria di raffreddamento del motore all’interno dell’abitacolo.
Eh sì, il bagagliaio è davanti, visto che il motore è stato collocato dietro. E nell’anteriore sono presenti anche il serbatoio della benzina, la ruota di scorta e gli attrezzi per cambiarla.Le portiere, come era costume dell’epoca, erano incernierate posteriormente (cosiddette “a vento”).
Le sospensioni ricalcano lo schema della 600: sull’anteriore balestra trasversale collegata alla carrozzeria in due punti con l’interposizione di tasselli elastici (assolveva non solo il compito di mezzo elastico ma anche di elemento stabilizzatore), leve triangolari sopra e ammortizzatori idraulici telescopici, sul posteriore ruote indipendenti con molle elicoidali e bracci oscillanti coassiali agli ammortizzatori idraulici telescopici. Impianto frenante idraulico a quattro tamburi con ganasce ad espansione autocentranti.
Gli interni sono ridotti all’osso. Sulla plancia troviamo un piccolo cruscotto a palpebra che incorpora tachimetro, contachilometri, spia delle luci (verde), della dinamo, della benzina e dell’olio (rosse).
Singolare, per i nostri giorni, il modo con cui si accendeva il motore. Oggi, escludendo la novità dei “keyless” con pulsante di accensione, inserita la chiave nel quadro, la si gira e il motore si avvia. Sulla 500 il sistema di accensione utilizzava:
Per avviare il motore si seguiva una precisa procedura:
Un optional molto di moda a quel tempo erano gli pneumatici con il fianco bianco.
La “Nuova 500”, pur se frutto di una precisa razionalità costruttiva, a causa della sua “povertà”, è accolta con poco entusiasmo: non ci sono cromature di abbellimento, i posti sono solo due, il motore è poco potente, la velocità è bassa. “Quattroruote” analizza la vettura e muove parecchie critiche tra le quali il vetro anteriore fisso, il comando delle frecce sulla plancia, i sedili essenziali. La Fiat allora corre ai ripari e quattro mesi dopo (novembre 1957) presenta addirittura due nuove versioni, entrambe dotate di un nuovo motore da 15 CV, capace di una velocità massima di 90 km/h. L’economica è identica alla prima serie, ma ha i deflettori con il fermo e costa 25.000 lire in meno (465.000 lire). La normale ha in più i fari anteriori con cornici cromate, le alette parasole, profili in alluminio sul cofano anteriore e modanature sulle fiancate, coppe cromate copricerchi, finestrini anteriori discendenti, deflettori con il fermo di apertura, sedile posteriore imbottito, comandi delle frecce e delle luci a levetta sul piantone coassiali allo sterzo. Compare la scritta nuova500 sul cofano motore: tutto allo stesso prezzo della prima serie, ossia 490.000 lire.
La Fiat, con abile strategia di marketing (direbbero oggi) ma probabilmente perché conscia della veridicità delle critiche, rimborsa con 25.000 lire i proprietari della prima serie o, in alternativa, offre l’aggiornamento gratuito all’economica.
Vedendo nello sport un mezzo di promozione, la Fiat decise di far gareggiare la piccola vettura, affidandola alle mani esperte dell’Abarth, anch’essa con sede a Torino. Nel contempo allestì per il pubblico una versione che richiamasse questo spirito sportivo e così, a metà del 1958, nacque la Sport. La base di partenza era la Normale. Inizialmente fu proposta, con la denominazione di berlina, con il tetto completamente in lamiera percorso da tre nervature. Il colore, unico era bianco con la fiancata percorsa, a livello della linea di cintura, da una banda rossa e rosso era anche il colore dei cerchi. Fu modificata anche la forma dei fanali posteriori.
Ma quello che qualificava la Sport era il motore che fu modificato in vari componenti (albero a camme in acciaio con fasatura modificata, carburatore Weber 261MB2, maggiorato, il rapporto di compressione, come pure valvole e molle di richiamo, diverso rapporto al ponte): la cilindrata fu aumentata a 499.5 cc. e la potenza salì a 21.5 CV. La velocità massima raggiunse i 105 km/h. Il prezzo: 560.000 lire. A distanza di poco tempo fu allestita anche uno versione Sport con il tetto in tela e i cerchi colore argento. Il prezzo: 495.000 lire (si usava meno lamiera).
I posti rimanevano solo due finché, nel 1959, vi fu l’omologazione per quattro posti. La gamma della Nuova 500 fu modificata in due versioni, oltre alla Sport: la nuova500 tetto apribile, la novità, e la nuova500 trasformabile. Il motore aumenta la potenza a 16.5 CV e la velocità massima supera i 90 km/h. La “trasformabile” era la versione economica (venduta al prezzo di 395.000 lire): manteneva il tetto completamente in tela e due soli erano i posti omologati. La versione “tetto apribile” invece è omologata per 4 persone (si abbassa il pavimento sotto i sedili anteriori per ottenere due pozzetti che favoriscono chi siede dietro), ha il sedile posteriore imbottito e il tetto è parzialmente in tela (sopra i posti anteriori) mentre la metà posteriore che comprende anche il lunotto di vetro, è in metallo. Il prezzo: 435.000 lire. In quello stesso anno la nuova500 si aggiudicò il premio “Compasso d’oro” per il design, prima automobile ad ottenere tale prestigioso riconoscimento.
Nel frattempo il “Nuovo Codice della Strada” imponeva nuove regole per la circolazione degli autoveicoli, per cui la Fiat adeguò la nuova500: i fari divennero sporgenti con fascio asimmetrico, furono eliminate le prese d’aria sotto i fanali anteriori e sostituite dagli indicatori di direzione frontali (svolgono anche il ruolo di luci di posizione), i ripetitori laterali degli indicatori di direzione (le lucciole) diventano rotondi e i fanali posteriori ricordano quelli della 600.
L’anno successivo, il 1960, fu un anno di ulteriori novità: nasce la 500 giardiniera (oggi si chiamerebbe familiare o station wagon) e una ulteriore evoluzione della piccola berlina, la D.
La 500 giardiniera ha rappresentato un ulteriore conferma delle qualità dell’Ing. Giocosa. Infatti dovendo questo modello essere la versione “da carico” della nuova500, non poteva permettersi il motore della berlina. Fu coricato su un lato e diventa “a sogliola”, in modo da poter essere alloggiato sotto il pianale di carico. I cilindri diventano orizzontali, la presa d’aria (sopra il cofano motore sulla berlina) viene sdoppiata in due elementi disposti e integrati sui montanti posteriori e la ventola da centrifuga diventa radiale. Geniale! La Smart ha seguito questa filosofia costruttiva.
Il motore è quello della 500 Sport però depotenziato (17.5 CV), la velocità 95 km/h.
Il passo venne allungato di 10 cm e la carrozzeria modifica dal termine delle portiere anteriori in poi. La coda era squadrata, con il portellone posteriore che si apriva di lato, come una normale portiera. I finestrini posteriori sono scorrevoli. Il tetto è quasi totalmente occupato dalla capote in tela. Compare lo specchietto retrovisore esterno sul montante sinistro. Sospensioni e freni sono adeguati alle nuove necessità di trasporto. Lo schienale del divano posteriore è abbattibile per offrire una maggiore capacità di carico in lunghezza. Inizialmente in vano di carico non era completamente piano perché l’imbottitura dei sedili impediva allo schienale di abbattersi completamente. In seguito, riducendo l’imbottitura, divenne perfettamente piano.
Le dimensioni crescono: lunghezza 3.185 (21.5 cm in più), altezza 1.354 (2 cm. in più), larghezza invariata.
Il prezzo fu fissato in 565.000 lire. Nascerà anche una versione commerciale (come accade oggi per tanti modelli): due soli i posti, ampio vano di carico (non c’è il sedile posteriore), i vetri posteriori ed la capote in tela sostituiti da parti in lamiera.
Nell’autunno del 1960 fu la berlina ad essere rinnovata, in sostituzione di tutti i modelli precedenti, compresa la Sport: nasceva la nuova500 D, (in versione unica). La lettera D è un tributo alla 500 Topolino, che aveva terminato la sua carriera con il modello siglato C.
Con questo modello la nuova500 assume i connotati di una vera automobile. Il motore è quello della Sport, di 499.5 cc. E’ stata ridotta la potenza a 17.5 CV a 4.400 giri al minuto e lo si è reso più fruibile grazie ad una erogazione più dolce. La velocità massima era di 95 km/h. Fu adottato il serbatoio a cipolla della 600 (migliorava la capacità di carico), lo schienale del sedile posteriore (meglio imbottito) si poteva abbattere per aumentare lo spazio per i bagagli, al bordo del sottoplancia fu applicata una imbottitura per proteggere le ginocchia degli occupanti, le leve dello starter e dell’avviamento abbandonano il metallo per diventare di plastica e di forma rettangolare, la spia blu degli abbaglianti viene trasferita sulla plancia, la basetta di alluminio dei fari posteriore aumenta di spessore. Sempre disponibili, come optional, gli pneumatici con fianco bianco.
La nuova500 D nel corso dei suoi anni di produzione (sino al 1965), migliorò sotto quegli aspetti che qualificavano la vita a bordo.
Nel 1961 comparvero le alette parasole imbottite, il posacenere al centro della plancia, il lavavetri manuale a pompetta, la luce di cortesia ad accensione automatica comandata dalla portiera del lato guida.
Nel 1964 i tergicristallo furono dotati di ritorno automatico.
Arriviamo al 1965: nasce la versione che sarà costruita nel maggior numero di esemplari, la nuova500 F. Segna anche l’abbandono dell’alluminio per molte componenti e la comparsa della plastica al posto del metallo.
Le portiere diventano “controvento”, incernierate quindi anteriormente, il parabrezza è più grande per offrire una migliore visibilità, il tetto non è più imbullonato ma costituisce un unico pezzo con i montanti, scompaiono il profilo di alluminio sul cofano anteriore e quelli sulle fiancate,le maniglie delle portiere sono cromate e di diversa forma (conseguenza del diverso modo di aprire lo sportello), il fregio frontale della mascherina non è più un pezzo unico ma formato da tre pezzi (i baffi sono separati), i cerchi abbandonano l’alluminio per il metallo, i copricerchi non sono più di alluminio ma di acciaio, i fari hanno le cornicette cromate anziché in alluminio, i fanali posteriori, di forma più squadrata, non hanno più la grossa basetta di alluminio, la capote abbandona, per la chiusura, i due piccoli ganci metallici a favore di un grosso gancio centrale di plastica nera, il serbatoio diventa semicilindrico ed aumenta la capacità a 22 litri.
Invariata la cilindrata, il motore ha una potenza di 18 CV, le sospensioni e i semiassi vengono irrobustiti, il sistema frenante potenziato, il reggispinta della frizione non è più un anello in grafite ma un cuscinetto a sfere.
Gli interruttori delle luci, dell’illuminazione quadro e del tergicristallo, sono allineati sulla plancia e la tasca portaoggetti (di materiale plastico) sotto la plancia aumenta di capienza.
Nel corso dell’ultimo anno di produzione (1968) il portaluce della targa viene costrutito in plastica (prima era di allumini), come pure il fregio anteriore con lo stemma Fiat (ritorna tutto di un pezzo) e le manigliette interne per aprire le portiere (plastica nera anziché alluminio). Scompare la lunetta bianca superiore sui sedili che diventano monocolore.
Con il 1968 ecco l’ennesima versione: la 500L (L sta per “Lusso”) che non avrà più l’aggettivo “nuova” (sul cofano motore la scritta identificativa, su due righe, diventa Fiat 500L). Quello che appare subito evidente è la comparsa di elementi tubolari di metallo cromato sagomati sui tradizionali paraurti a lama: li integrano e li rinforzano, per limitare i danni alla carrozzeria nel corso dei parcheggi. Il tutto è chiamato “ercolino”. Sulle guarnizioni del parabrezza, del lunotto, sulle grondaie compaiono rifiniture in pastica con effetto metallico “cromo”.
Cambia lo stemma Fiat: è l’ora dello stemma allungato, romboidale. La targa anteriore è fissata al paraurti (prima era avvitata sulla calandra). I pneumatici sono radiali di serie.
All’interno compare la moquette sul pavimento e la plancia è rivestita di plastica nera. Nuovo anche il cruscotto, di forma rettangolare allungata, simile a quello della Fiat 850, e fa il suo esordio l’indicatore del livello della benzina. Il volante, in plastica nera, ha le razze in metallo traforato a vista, i sedili sono reclinabili, vi sono due tasche portacarte laterali sulle portiere ed un altro piccolo portaoggetti sul tunnel dietro la leva del cambio, il cui pomello è ora anatomico. Prezzo: 525.000 lire e tre nuovi colori, nero (la prima volta su una piccola vettura), giallo ocra (Giallo Positano), rosso corallo.
E siamo all’epilogo della storia di questa meravigliosa automobile: al salone dell’automobile di Torino del 1972 viene presentata la 500R in contemporanea con quella che la sostituirà (materialmente ma mai nel mito dell’intramontabilità), la Fiat 126.
La sigla “R” significava rinnovata. Vi è un certo ritorno alle origini: i paraurti tornano a lama (addio ercolino), via le cromature dai gocciolatoi e sulle guarnizioni dei vetri, via le coppe dai cerchi con bulloni a vista, il cruscotto e il volante riesumano quelli della “F” (di colore nero anziché grigio-bianco), lo schienale del sedile posteriore ritorna fisso, gli interruttori della plancia si riducono a due (un unico interruttore comanda l’illuminazione quadro e le luci di posizione), il pomello del cambio è a pallina.
La cilindrata del motore passa a 594 cc (è quello della 126 prima serie) con potenza però ridotta a 18 CV (anziché 23), avendo la 500 un peso inferiore alla 126 e volendo conferire all’autovettura un carattere più docile. Il cambio è sempre non sincronizzato ma viene aggiornato con dei facilitatori d’innesto di derivazione motociclistica. I semiassi vengono irrobustiti. La velocità massima raggiunge i 100 km/h.
L’ultima 500R uscirà dallo stabilimento SICILFIAT di Termini Imprese, in provincia di Palermo il 1° ago
sto 1975 (dal 1971 veniva qui coprodotta per poi diventare unico sito produttivo).
Questa è la storia dei 18 anni di una vettura che è nella storia dell’automobile e che essa stessa è storia dell’automobile. E’ la storia di un presidente, l’ing. Vittorio Valletta, che intuì il futuro della motorizzazione, di un impiegato tedesco, Hans Peter Bauhof, che nel 1953 propose alla Fiat l’dea stilistica di una piccola vettura a due posti e dell’Ing. Dante Giocosa, la cui genialità creativa ci regalò una tra le vetture più amate di tutti i tempi.
Giunga a Voi un immenso “grazie di cuore” da chi imparò a guidare sulla 500, da chi conobbe i primi flirts sulla 500 (mitici sedili reclinabili), da chi ancora oggi vive di meravigliosi ricordi.
Grazie, per sempre!