Postato il 24 Luglio 2008
Salone dell’automobile di Ginevra, Marzo 1965: è una data che testimonia, per l’ennesima volta, quale era la capacità dei progettisti italiani di ideare e tradurre in pratica automobili che sapevano suscitare emozioni. Gli appassionati di belle automobili, con qualche capello bianco, la ricorderanno volentieri. Nasceva infatti una delle più belle e desiderate sportive di grande serie: la Fulvia coupè, esempio di innovazione tecnologica e di design.
Si prese come base il pianale della Fulvia berlina accociandolo (da 2.48 a 2.33 metri) per rendere l’auto più agile e si adottò una meccanica innovativa: trazione anteriore, motore a V stretto a corsa corta (angolo di apertura tra i cilindri di 12°53’28”), testata con due alberi a camme, 1216 cm3 (alesaggio e corsa di 75 e 69,7 mm), cilindro in ghisa, testa, basamento e coppa dell’olio in lega di alluminio, 80 CV a 6000 giri/minuto, la coppia massima di 106 Nm a 4000 giri/minuto, cambio manuale a 4 rapporti (progettato da Ettore Zaccone Mina), alimentazione con due carburatori doppio corpo, impianto frenante a 4 dischi con doppio circuito idraulico, freno a mano che agisce direttamente sui dischi posteriori con una coppia di proprie pinze, sospensioni anteriori a ruote indipendenti a quadrilateri deformabili con triangoli superiori tubolari con una singola balestra trasversale, quella posteriore ad assale rigido con due balestre longitudinali ed entrambe con ammortizzatori idraulici a doppio effetto. La velocità massima è di 160 km/h, lo 0-100 km/h in 14 secondi, il consumo medio di 9 litri per 100 km. Ma fu soprattutto la linea a colpire. Autore fu Piero Cavagnaro coadiuvato dall’ingegnere strutturale Aldo Castagno. Cavagnaro diede prova della sua abilità (peraltro già riconosciuta nel 1960 con l’innovativa Flavia) disegnando una carrozzeria inedita, compatta, raffinata e moderna, snella ed essenziale, elegante e sportiva.
Sembra chel’ispirazione per disegnare la Fulvia coupé gli sia venuta osservando un motoscafo Riva a coda tronca in Riviera: gli applicò sopra l’abitacolo, a torretta, per garantire una buona luminosità e visibilità, adottò una linea di cintura bassa, plasmò la coda tronca e concava (“specchio di poppa”), definì il muso proteso in avanti, con quell’effetto a “ferro di cavallo” che interessava tutta la carrozzeria e con la parte uscente sulla coda, con un coefficiente di resistenza aerodinamica di 0.42. La configurazione dell’abitacolo è 2+2.
La lunghezza è di 3,975 metri, la larghezza di 1,555 metri, l’altezza di 1,3 metri, la carreggiata anteriore di 1300 mm, quella posteriore di 1280. Peraltro la struttura anteriore presentava un telaio ausiliario per ospitare il motore e ciò forniva ottime caratteristiche di assorbimento in caso di urto, col nucleo dell’abitacolo estremamente rigido, primo esempio di progettazione con attenzione alla sicurezza dei passeggeri. Da sottolineare le portiere ed i cofani in alluminio, in essere sino al 1970 quando, per contenere i costi, tale soluzione fu abbandonata con la nascita della seconda serie. Di serie non c’è lo specchietto retrovisore esterno.
Dal prototipo al modello di serie, furono pochi i ritocchi per il via definitivo.
Caratteristica di questa serie il paraurti a “V” che sopravviverà sino al 1970.
Per gli interni si scelse il legno di mogano e il panno di lana oppure la pelle per la selleria, molto British ma con la chiara impronta dell’Italian style. Colori raffinati per la carrozzeria.
Nel Gennaio 1966 viene presentata la Coupé 1.2 HF (High Fidelity, simbolo della squadra corse Lancia) con la stessa cilindrata ma la potenza sale a 88 cv a 6000 giri/minuto, mentre la coppia arriva a 110 Nm a 5000 giri/minuto. Per contenere il peso ( scende da 950 a 825 kg) i finestrini sono in perspex, vengono eliminati i paraurti, le porte ed i cofani sono in lega leggera e la scocca è in lamiera più sottile rispetto a quella della versione base. Il cofano motore è percorso da una striscia adesiva gialla e blu. I sedili vengono sostituiti con altri tipo corsa.
La velocità sale a 161 km/h. La partecipazione al Rally dei Fiori di quell’anno è suggellata dalla vittoria (pilota Leo Cella).
Nel Marzo 1967, al Salone di Ginevra, la Lancia presenta una ulteriore evoluzione della Fulvia: nascono infatti la Rallye 1.3 e Rallye 1.3 HF, che sostituisce la 1.2 HF. In listino rimane sempre la Coupé 1.2. Le nuove versione beneficiano dell’aumento di cilindrata a 1298.
Nel Marzo 1967, al Salone di Ginevra, la Lancia presenta una ulteriore evoluzione della Fulvia: nascono infatti la Rallye 1.3 e Rallye 1.3 HF, che sostituisce la 1.2 HF. In listino rimane sempre la Coupé 1.2. Le nuove versione beneficiano dell’aumento di cilindrata a 1298.
La Rallye 1.3 ha una potenza di 87 cv a 6000 giri/minuto, una coppia massima di 115 Nm a 4500 giri/minuto, la trasmissione ha i rapporti della “Fulvia Sport Zagato” e ciò le consente una velocità massima di 168 km/h. Il consumo medio di 9.1 litri/100 km. Portiere e cofani sono in “Peralluman” (riduzione di peso di 25 kg) I cerchi hanno gli anelli ornamentali in acciaio inox e lo specchietto esterno con corpo conico è di serie ed è montato sul parafango anteriore.
Nella Rallye 1.3 HF la potenza sale ulteriormente a 101 cv a 6400 giri/minuto e la coppia massima è di 133 Nm a 4750 giri/minuto, con un consumo medio di 8.9 litri/100 km. e velocità incrementata a 174 km/h. Esteticamente mancano i paraurti e i cerchi sono privi di coprimozzo, viene sostituito lo specchietto esterno con uno di forma più aerodinamica (sempre sul parafango anteriore), le feritoie poste sotto la calandra hanno cornici cromate, sul cofano motore fa bella mostra la striscia giallo-blu affiancata dalla scritta HF sulla fiancata, con il marchio HF sulla calandra. I lamierati del muso e della coda sono (non sempre) privi dei fori di montaggio. Nella versione preparata per le corse compare il cambio a 5 marce con la prima in basso a sinistra. Questa versione conoscerà subito il successo agonistico al Tour de Corse con l’indimenticabile, mitico Sandro Munari.
Nell’Ottobre 1967 anche la coupé 1.2 viene aggiornata meccanicamente con un lieve incremento di cilindrata, che passa da 1216 a 1231 cc, senza variazione della potenza.
Nel Novembre 1968 al Salone di Torino vede la luce la 1.3s, sempre con cilindrata di 1298 cc ma con alimentazione a carburatori a doppio corpo che permettono di ottenere 90 cv a 6200 giri/minuto, coppia massima di 116 Nm a 5000 giri e velocità di 173 km/h. E’ presente il servofreno e un limitatore di frenata al retrotreno. Il consumo si mantiene sugli 8.9 litri/100 km. I cerchi sono di colore argento con anelli ornamentali in acciaio inox e nuovi coprimozzo con stemma centrale. I deflettori sono apribili ed i tergicristallo hanno finitura satinata.
Alla fine del 1968 viene presentata quella che può ritenersi la più rappresentativa e affascinante versione della Fulvia coupé: la Rallye 1.6 HF, soprannominata (in seguito) “Fanalone”, perché la coppia interna di fari di profondità è di dimensioni maggiori rispetto a quelli esterni. Sostituisce la 1.3 HF nelle competizioni. La cilindrata sale a 1584 cc, la potenza a 115 cv a 6500 giri/minuto, la coppia massima a 156 Nm a 4500 giri/minuto. Il cambio è a 5 marce, i fari allo iodio, ed è dotata di differenziale autobloccante, i cerchi in lega da13” con pneumatici maggiorati. Non ci sono sul cofano le strisce gialle e blu mancano i paraurti e i fori di montaggio sono a vista. La velocità massima sale a 180 km/h ed il consumo medio si attesta sui 10.8 l/100 km. Nella versione preparata per le corsa la potenza è di 160 cv e la velocità supera i 200 km/h. Omologata nella categoria Gran Turismo Speciale, è vincente nelle gare già al suo esordio e si aggiudica il Campionato Europeo con Harry Kallstrom.
Nell’ottobre 1969 termina la produzione della coupé 1.2, mentre nel 1970 escono dal listino la Rallye 1.3 e Rallye 1.3 HF.
Nel Novembre 1970, al Salone di Torino, viene presentata la seconda serie, con il modello 1.3s S2. Cambia la calandra: è più semplice, più bassa, in plastica cromata e ingloba i fari anteriori. I paraurti vengono rialzati e dotati di profili in gomma, con nuovi indicatori di direzione laterali e lo specchietto retrovisore esterno viene spostato dal parafango anteriore alla portiera. Viene eliminato il profilo cromato che nella 1.2 attraversava il cofano anteriore e i cerchi ruota sono inediti. Vengono sostituite tutte le parti di carrozzeria in alluminio con altre in acciaio (motivi di costo).
All’interno si riconosce una nuova console centrale con vano portaoggetti e alcuni comandi secondari presentisul croscotto sono spostati sulle levette ai lati del volante (più piccolo e con razze forate), ora di tipo collassabile. I tappetini sono in gomma. Si aggiungono nuovi optional quali i sedili in pelle (altrimenti sempre rivestiti dell’eccellente panno Lancia), la vernice metallizzata e il lunotto termico.
Meccanicamente viene adottato il cambio a 5 marce (quello già sperimentato sulla 1.6 HF), un sistema frenante più efficiente a doppio circuito con pinze fisse Girling (SuperDuplex) a quattro pistoncini sull’anteriore,
dotato di servofreno, il freno a mano opera su un tamburo ricavato sul disco posteriore stesso e l’impianto elettrico reso più affidabile, sostituendo la dinamo con l’alternatore. La velocità è leggermente inferiore alla serie s che va a sostituire: 170 km/h anziché 173.
Anche la 1.6 HF viene rinnovata: la calandra è uguale alla 1.3s S2 e scompaiono i due grossi abbaglianti. Il soprannome per questa serie è di “Fanalino”. I cerchi sono in lega da14”, i passaruota allargati per alloggiare pneumatici di sezione maggiore. i sedili sportivi avvolgenti, i parafanghi maggiorati. Due le versioni: 1.6 HF (nota anche come 1.6 HF Corsa) e la 1.6 HF Lusso.
La prima è più spartana, votata all’aspetto corsaiolo: infatti è priva di paraurti, gli indicatori di direzione anteriori sono incassati nella carrozzeria, gli interni sono quelli della Fanalone, portiere e cofani sono in alluminio Peralluman.
Nella Lusso invece la Lancia coniuga l’anima sportiva con quegli aspetti ricercati che sono propri del marchio: così i sedili sono nuovi dotati di poggiatesta in materiale schiumato, l’insonorizzazione è più curata, i deflettori sono apribili e compaiono le luci di segnalazione sulle portiere, vi sono cornici lucide per il parabrezza ed il lunotto, sono presenti i paraurti, il battitacco è in acciaio inox, vi sono tasche rigide sotto al cruscotto. Il cruscotto è lo stesso dell 1.3s S2, con l’eccezione del termometro dell’olio al posto dell’orologio.
La potenza del motore è sempre di 115 cv ma a 6000 giri/minuto con coppia massima di 156 Nm a 5500 giri/minuto. Nello 0-100 km stacca un eccellente 8.9 secondi ed il consumo medio si attesta sui 10.8 litri/100 km.
I trionfi sportivi non mancano: infatti nel 1972 Sandro Munari vince il Rally di Montecarlo e per l’occasione viene introdotta una nuova versione: la Montecarlo, che si distingue dalla 1.3s S2 (da cui deriva) per i parafanghi bombati (ripresi dalla 1.6 HF), le targhette del Rallye di Montecarlo e l’abolizione dei paraurti. Nuovo il volante in pelle a tre razze ( al posto del classico volante i legno) ed i sedili sono quelli della 1.6 HF Lusso. Il colore è uno solo: rosso con i cofani di colore nero.
A Novembre del 1973 nasce la terza serie, che sostituisce la 1.3s S2. Meccanicamente invariata, viene rivista negli esterni e soprattutto negli allestimenti interni.
All’esterno la mascherina e le cornici dei proiettori sono di colore nero opaco e non cromate ed è diversa la targhetta identificativa posteriore.
All’interno invece le novità sono più sostanziose: il volante non è più in legno ma in plastica nera di dimensioni più ridotte, con corona morbida, il pomello del cambio è di legno con cuffia in finta pelle e diversa è la leva del freno a mano.
I sedili anteriori, dotati di poggiatesta, sono conformati in maniera da essere più avvolgenti: viene purtroppo abbandonato il mitico panno Lancia a favore di un tessuto meno nobile. La tavola di mogano che impreziosiva il cruscotto venne sostituita da un pannello di plastica impellicciato. Gli strumenti hanno il fondo grigio chiaro e l’orologio al quarzo sostituisce quello a molla. Di serie le cinture di sicurezza, il lunotto termico e i tappetini in moquette. Tra gli optional figurano l’accensione elettronica, i proiettori fendinebbia, il faro retronebbia ed i cerchi in lega. Viene conservata la versione Montecarlo, disponibile ora con una maggior varietà di colori.
Il 1976 è l’anno dell’addio della Fulvia Coupé: dopo 11 anni e 140.000 esemplari cessava la produzione di questa meravigliosa berlinetta.
Riavrà un’erede?