Dott. Luciano Schiazza
Specialista in Dermatologia e Venereologia
Specialista in Leprologia e Dermatologia Tropicale
c/o InMedica - Centro Medico Polispecialistico
Largo XII Ottobre 62
16121 Genova
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INTRODUZIONE
Le malattie sessualmente trasmesse (MST) rappresentano un grande capitolo della medicina.
Non sempre nella popolazione la loro conoscenza è adeguata e ciò contribuisce ulteriormente ad accrescerne la diffusione.
Premessa importante è che non bisogna mai sottovalutare qualsiasi manifestazione nella zona genitale; non sempre ciò che accade in tale area dipende da un rapporto sessuale, ma farsi visitare da uno specialista dermatologo può permettere di affrontare il problema in maniera precisa, permettendo di evitare trattamenti inopportuni.
MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE
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Veneree
Paraveneree (la trasmissione non è esclusivamente per via sessuale)
Virus
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Protozoi
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Miceti
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Parassiti
LA SIFILIDE
La sifilide è certamente la malattia a trasmissione sessuale più conosciuta.
La storia indicherebbe nei marinari di Cristoforo Colombo di ritorno dall’America nel 1493 gli importatori della malattia nel Vecchio Continente.
Fu però nel 1494, a seguito della spedizione militare in Italia di Carlo VIII di Francia contro Ferdinando II Re di Napoli, che la lue (altro nome con cui è definita la sifilide) si diffuse.
Infatti l’esercito francese (36.000 uomini mercenari di varia nazionalità – fra i quali pare vi fossero alcuni marinai di Colombo – con un seguito di 800 prostitute) nell’anno di permanenza in Italia propagò la malattia nella nostra penisola. Il ritorno dei mercenari nelle rispettive nazioni allargò la sua diffusione all’Europa e poco dopo all’Africa del Nord ed al Medio Oriente. Con il viaggio di Vasco da Gama in India (1497) anche l’Estremo Oriente conobbe tale malattia.
Vari sono i nomi dati alla sifilide, ognuno rivolto ad accusare le possibili fonti della stessa : così fu “mal francese” per gli Italiani, “mal napoletano” per i Francesi, “mal dei Tedeschi” per i Polacchi, “mal dei Cristiani” per i Turchi, ecc..
Altri Autori ritennero invece che l’Africa Centrale sarebbe la terra di origine della sifilide dapprima come focolaio endemico e quindi, a seguito di mutate condizioni socio-economico-ambientali, flagello epidemico.
AGENTE CAUSALE
L’agente etiologico della sifilide è il Treponema pallidum (T.p.).
Difficilmente il T.p. vive nell’ambiente esterno essendo sensibile ad esempio ai raggi UV e al calore. Resiste meglio al raffreddamento.
MODALITA’ DI TRASMISSIONE
La malattia si trasmette principalmente con i rapporti sessuali (sifilide venerea)(90% dei casi). Condizione necessaria è che vi siano lesioni superficiali anche minime della cute o delle mucose, attraverso le quali il microrganismo può penetrare nell’organismo.
Delle altre possibilità (non veneree) ricordiamo:
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il bacio, umido, se ci sono lesioni sulle labbra o all’interno della bocca;
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la trasmissione transplacentare dalla madre al feto in utero (sifilide prenatale) o durante il passaggio nel canale del parto (sifilide connatale);
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condizioni di vita scarsamente igieniche, il sovraffollamento, possono creare le condizioni socio-economiche per frequenti occasioni di contagio extrasessuale e quindi di contatto cutaneo tra bambini e giovani adulti (sifilide endemica).
Per quanto riguarda le trasfusioni di sangue, attualmente i tests a cui vengono sottoposti i donatori e le modalità di conservazione del sangue escludono la possibilità di contagio per questa via.
CLINICA
La sifilide è una malattia che, se non curata, ha decorso cronico. La sua evoluzione è suddivisibile nei periodi di incubazione, primario, secondario, di latenza e terziario.
INCUBAZIONE
Avvenuto il contagio, il tempo che precede la comparsa della lesione luetica è variabile da un minimo di 8 giorni ad un massimo di 90 giorni, con una media di tre settimane.
PERIODO PRIMARIO
Trascorso questo periodo inizia il periodo primario in coincidenza con la comparsa della lesione tipica della malattia, il sifiloma.
Esso si localizza nella zona di ingresso del T.p.. Quasi sempre si trova nell’ano-genitale ma si può osservare anche sulle labbra, sulla lingua, sulla bocca, ecc.
Di solito il sifiloma è unico e si presenta come una papula (la papula è una lesione rilevata sulla cute circostante), in genere rotonda, dura alla palpazione, di colorito rosso scuro, che si erode superficialmente al centro (l’erosione è un difetto in cui vi è perdita parziale o totale dell’epidermide) da cui può può fuoriuscire una lieve sierosità limpida.
Questo è l’aspetto più frequente; tuttavia il sifiloma può assumere aspetti che variano a seconda della sede.
Pochi giorni dopo la comparsa del sifiloma si ingrossano i linfonodi prossimi all’area anatomica interessata (ad es. quelli inguinali se il sifiloma è al pene).
Il sifiloma guarisce spontaneamente in 20-40 giorni e nel medesimo tempo i linfonodi ingrossati tendono a ridursi.
PERIODO SECONDARIO
Dopo circa 4-8 settimane dalla comparsa del sifiloma compaiono le lesioni del periodo secondario, che indicano la diffusione della sifilide.
Queste manifestazioni sono denominate sifilodermi >e si localizzano sulla cute e sulle mucose. Sono diffusi, , non pruriginosi, di colorito roseo o rosso-bruno; possono scomparire spontaneamente in 30-60 giorni ma possono riapparire occasionalmente per 2-3 anni.
Possono manifestarsi come macule (la macula è un’area della pelle di colore diverso dalla cute normale), di colore rosa pallido, al tronco, agli arti e in sede palmo-plantare.
A queste macule si possono aggiungere oppure comparire come tali delle papule di piccole dimensioni, di colorito rosso-rameico, spesso con un bordino di pelle che desquama.
Anche le mucose (cavità orale, faringe. Laringe, naso, genitali) possono presentare delle lesioni erosive, biancastre, con un bordo rosso scuro.
Sul cuoio capelluto può apparire una alopecia (con tale termine si indica la mancanza di capelli o peli) a chiazze rotondeggianti e diradamento della porzione esterna dei sopraccigli.
All’insieme di questi aspetti clinici possono associarsi sintomi generici quali malessere, febbre, cefalea, scarso appetito, dolori muscolari e articolari.
La sifilide secondaria pone problemi di diagnosi perché le sue manifestazioni assomigliano a numerose altre patologie per cui è stato coniato per tale stadio l’appellativo: “la grande simulatrice”.
Il secondario è un periodo, al pari del primario, di alta contagiosità. Periodo di latenza
Esaurita questa fase (2-3 anni), la sifilide entra nel periodo di latenza, ossia in una fase priva di segni e sintomi della malattia.
E’ uno stadio di durata variabile (2-10 anni) a cui vanno incontro soggetti che non hanno mai eseguito alcun tipo di trattamento.
Al periodo di latenza nel 35% dei casi fa seguito un ulteriore sviluppo della malattia inquadrabile nel periodo terziario o tardivo.
PERIODO TERZIARIO
Esso si sviluppa nel 10-40% dei pazienti che non hanno mai fatto una terapia per la lue. In tale fase le manifestazioni tardive sono a carico del sistema nervoso centrale (SNC), dell’apparato cardiovascolare, della cute, delle mucose e delle ossa.
L’interessamento del SNC comporta la neurosifilide.Questa si potrà manifestare o semplicemente con la positività degli esami eseguiti sul sangue e sul liquor cefalo-rachidiano senza sintomi neurologici oppure, all’estremo opposto, con sintomi quali ad esempio mal di testa, attacchi epilettici, dolori acuti a pugnalata agli arti inferiori, dolori addominali, oltre a specifici segni riferiti a disturbi dei riflessi e della sensibilità.
Altro elemento caratterizzante il periodo terziario sono delle lesioni nodulari che tendono a rammollirsi alcentro facendo uscire un liquido gommoso (da cui il nome di “gomme” riferito alle lesioni).
TEST SIEROLOGICI
La conferma di un sospetto clinico di sifilide si pone eseguendo esami su sangue (siero) definiti tests sierologici, quali la VDRL, il TPHA, l’FTA-ABS. Ricordiamo che può capitare che alcuni esami rimangano positivi per tutta la vita pur essendo stato effettuato correttamente il trattamento. Questo aspetto sierologico viene definito “cicatrice sierologia” e indica il ricordo dell’infezione passata e non la presenza ancora della malattia.
Certamente se però questi esami presentano, nei successivi controlli, un aumento eccessivo del loro grado di positività, rispetto al passato, meritano un approfondimento poiché potrebbe essere subentrata una nuova infezione sifilitica (la malattia non dà immunità).
TERAPIA
La penicillina rappresenta il farmaco principale della terapia in tutti gli stadi della malattia. Naturalmente vi sono farmaci alternativi, in caso di impossibilità ad usare la penicillina.
PARTNERS SESSUALI
Le persone che hanno avuto contatti sessuali con un soggetto affetto da lue (in qualunque stadio) dovrebbero essere sottoposte a visita medica e ad esami del sangue, tenendo conto che il trattamento potrebbe essere consigliato anche per loro, pur in assenza di esami positivi del sangue, se il rapporto sessuale è avvenuto entro un determinato tempo dalla scoperta della sifilide primaria nel partner, oppure nel caso in cui vi sia incertezza nell’anamnesi, oppure in caso ovviamente di positività degli esami.
CURIOSITA'
Infine alcune note curiose a ricordare come democraticamente la malattia abbia colpito tutti gli strati sociali senza esclusione di famosi personaggi. La Storia infatti ci riporta, tra gli altri, come probabili affetti da lue:
Lucrezia Borgia, il pittore Eduard Manet, lo scrittore Charles Pierre Baudelaire, il musicista Gaetano Donizzetti, Franz Schubert, Benvenuto Cellini, Stendhal, Touluose-Lautrec, Beethoven, Oscar Wilde.
URETRITI
Con uretrite si indica un processo infiammatorio a carico dell’uretra (è il canale che collega la vescica con l’esterno), accompagnato da secrezione di materiale liquido di vario colore, odore e consistenza.
L’origine può essere non infettiva o infettiva.
Le forme non infettive sono spesso conseguenza di minimi traumatismi all’uretra quali l’uso di catetere, la presenza di calcoli renali, l’andare in bicicletta, in moto e a cavallo ecc..
Le forme infettive si suddividono in due gruppi: gonococciche e non gonococciche
Uretrite gonococcica
E’ la forma più conosciuta di uretrite, indicata anche con i nomi di gonorrea, blenorragia o, volgarmente, scolo.
E’ causata da un microrganismo denominato Neisseria (dallo scopritore Albert Neisser) gonorrhoeae (dalle parole greche “gonos”=seme e “reo”=scorro ossia perdita di materiale purulento dagli organi genitali, da cui il termine gonorrea).
L’uomo rappresenta il solo ed unico ospite naturale. Oltre all’uretra microrganismo può colonizzare anche le mucose della cervice uterina, del canale ano-rettale, del faringe e della congiuntiva.
L’epidemiologia della malattia si dimostra diversa tra uomo e donna. Infatti è più facile che una donna contragga la malattia da un uomo infetto rispetto al contrario (uomo sano, con donna infetta). Altro dato importante è che possono esservi uomini o donne portatori della malattia (e quindi in grado di trasmetterla) pur non avendo (o se li hanno sono lievi) segni di malattia (infezione asintomatica)
Il contagio avviene comunemente con i rapporti sessuali.
Nell’uomo la gonorrea si presenta dopo una incubazione variabile tra 1 e 7 giorni (media tre giorni). Dopo tale periodo compare prurito, bruciore ed arrossamento del meato urinario, con difficoltosa e frequente emissione di urina e presenza di una secrezione uretrale abbondante, densa, di colore giallo-verdastro.
Nella donna è più facile la possibilità di infettarsi. Infatti non sono necessari rapporti sessuali completi ma semplici contatti esterni.
La mucosa femminile più suscettibile al gonococco è quella del canale cervicale. Tuttavia il 50-60% delle donne con infezione endocervicale non presenta sintomi specifici, impedendo così la scoperta della malattia. Quando invece sono presenti i sintomi sono evidenti le perdite vaginali.
Nella donna sono anche possibili varie complicanze legate alla gonorrea, tra le quali la malattia infiammatoria pelvica.
La diagnosi di gonorrea si basa, oltre che sugli aspetti clinici, sulla esecuzione di un tampone della secrezione e successiva valutazione microbiologica e colturale.
La terapia della gonorrea deve essere sempre accompagnarsi a quella per la C. trachomatis: infatti il 15-50% dei pazienti affetti da gonorrea hanno una infezione associa da Chlamydia.
I protocolli terapeutici per le forme di gonorrea non complicata si basano su varie molecole antibiotiche, in dose singola di farmaco e si sono dimostrati sicuri per le forme genitali, rettali e faringee.
Uretriti non gonococciche
Le uretriti non gonococciche (UNG) rappresentano circa i 2/3 delle uretriti.
Per definizione le UNG sono quelle forme di uretrite per le quali è stata esclusa, sulla base di indagini microbiologiche e colturali, la gonorrea.
Il periodo di incubazione è variabile tra 1 e 5 settimane.
Nell’uomo la secrezione uretrale è scarsa, acquosa o muco-catarrale, presente soprattutto al mattino prima di urinare.
Nella donna i sintomi simulano quelli di una cistite batterica.
Numerosi microrganismi possono causare le UNG ma in pratica due sono quelli più presenti: la Chlamydia trachomatis e l’Ureaplasma uralyticum.
Le infezioni indotte dalla Chlamydia T. sono sempre più diffuse, al punto di essere considerato il microrganismo maggiormente coinvolto nelle malattie sessualmente trasmesse nel mondo, superando percentualmente la gonorrea e la lue.
Inoltre per le donne la Clamydia rappresenta la più importante causa di sterilità. Anche nell’uomo vi può essere compromissione della capacità riproduttiva per l’interessamento dell’epididimo.
L’Ureaplasma urealyticum è stato isolato in circa l’80% degli uomini con UNG negativa per Chlamydia.
La terapia delle UNG si avvale soprattutto di antibiotici macrolidi e tetracicline ( queste ultime non attive sull’ureaplasma urealyticum); sarà compito comunque del medico valutare la scelta terapeutica.
CONDILOMI ACUMINATI
I condilomi acuminati sono delle verruche anogenitali causate dal papillomavirus umano (HPV), , il cui unico ospite è l’uomo.
Si tratta della malattia sessualmente trasmessa più frequente nei paesi occidentali
Clinicamente i condilomi si presentano come piccole lesioni di colorito roseo-biancastro, di a superficie verrucosa, rilevate sul piano cutaneo, singole o raggruppate.
Accanto a queste forme evidenti, vi possono essere infezioni senza che si osservino lesioni ad occhio nudo: sono le cosiddette forme subcliniche, che possono essere rilevati solo con alcuni esami ( Pap test, colposcopia, biopsia) o che possono essere messi in evidenza, sul pene, sulla vulva o su altra cute genitale, dopo l’applicazione di acido acetico al 5%. Si ritiene che le forme subcliniche siano più frequenti rispetto ai conditomi visibili, sia nel maschio sia nella femmina.
Nell’uomo i condilomi si localizzano al glande, al bordo prepuziale, al meato uretrale, al solco balanoprepuziale.
Nella donna alla vulva ed anche (come elementi piatti) alla vagina ed alla cervice.
Per entrambi i sessi è frequente la localizzazione perianale, non necessariamente legata a rapporti sessuali di tipo anale.
L’incubazione può variare dalle 2 settimane agli 8 mesi (in media 3 mesi).
E’ da sottolineare che se per l’uomo è agevole l’osservazione della regione genitale, nella donna la conformazione anatomica può rendere scoprirli, giustificando il ritardo con cui spesso i condilomi vengono diagnosticati nel sesso femminile.
La terapia si avvale di prodotti da applicare direttamente sulle lesione (es. podofillotossina, imiquimod), oppure di metodiche quali la diatermocoagulazione, la crioterapia, la laserterapia.
ULCERA MOLLE (Cancroide)
E’ detta anche ulcera venerea o cancroide;
E’ determinata da un piccolo batterio, l’Haemophilus ducreyi, sensibile al calore ed ai comuni antisettici.
E’ una delle tre malattie a trasmissione sessuale caratterizzate da ulcerazioni genitali (le altre due sono l’herpesE’ una delle tre malattie a trasmissione sessuale caratterizzate da ulcerazioni genitali (le altre due sono l’herpes genitale e la sifilide)
E’ una delle tre malattie a trasmissione sessuale caratterizzate da ulcerazioni genitali (le altre due sono l’herpesE’ una malattia piuttosto rara nei Paesi Occidentali mentre è presente in maniera significativa nelle aree tropicali e subtropicali.
E’ una malattia piuttosto rara nei Paesi Occidentali mentre è presente in maniera significativa nelle aree tropicali e subtropicali.
La trasmissione della malattia avviene quasi sempre attraverso un rapporto sessuale.
Molto contagiosa, più comune negli uomini rispetto alla donneMolto contagiosa, più comune negli uomini rispetto alla donne ha una incubazione breve, tra i 4 e 7 giorni. Nella zona sede di penetrazione dello streptobacillo compare una piccola papula che si trasforma, nel corso di 24-48 ore, in pustola e successivamente in ulcera. L’ulcera è dolorosa alla palpazione nell’uomo, diversamente dalla donna.
Molto contagiosa, più comune negli uomini rispetto alla donne le ulcere sono più frequentemente multiple che singole e di differenti forma e dimensione. Hanno un bordo preciso di due colori, giallo all’interno e rosso-porpora all’esterno, con un fondo dell’ulcera ricoperto di materiale grigio-giallastro
Le ulcere sono più frequentemente multiple che singole e di differenti forma e dimensione. Hanno un bordo preciso di due colori, giallo all’interno e rosso-porpora all’esterno, con un fondo dell’ulcera ricoperto di materiale grigio-giallastro.
La palpazione provoca dolore e permette di apprezzarne la consistenza molle.
Nell’uomo l’ulcera molle si lolcalizza più spesso a livello del frenulo e al prepuzio.
Nella donna le sedi interessate sono quelle più traumatizzabili durante l’atto sessuale quali ad esempio la commessura posteriore e la superficie interna della piccole e grandi labbra.
Due terzi dei casi di ulcera venerea si complicano con l’ingrossamento dei linfonodi inguinali (cosiddetto “bubbone venereo”). Spesso i linfonodi suppurano, si rammolliscono con formazione di ascessi e fuoriuscita di materiale cremoso.
Il decorso dell’ulcera venerea è vario in rapporto al numero, alle caratteristiche delle lesioni, alla tempestività della terapia. La risoluzione comunque avviene in due-tre settimane con una cicatrice che ripete la forma delle ulcere pregresse.
Molte sono le terapie valide, a base di antibiotici, per via orale o intramuscolare, in dose unica o per alcuni giorni.
Il miglioramento soggettivo avviene in 48-72 ore, quello obiettivo evidente in 3-7 giorni.
I partners sessuali frequentati nei 10 giorni precedenti la comparsa dell’ulcerazione debbono essere visitati e sottoposti a terapia.
LINFOGRANULOMA VENEREO
Il linfogranuloma venereo è una malattia cronica che si presenta con manifestazioni acute e tardive. E’causato da un batterio, la Chlamydia trachomatis (vedi uretriti non gonococciche). Scarsamente osservabile in Italia, il linfogranuloma venereo è endemico in America del Sud, Africa occidentale, Caraibi, India, parti del sud-est asiatico.
Il tempo di incubazione dal contatto infettante alla comparsa a livello genitale della lesione iniziale è piuttosto variabile, da 3 a 30 giorni.
Si distinguono tre stadi di infezione: il primo stadio (infrequente), il secondo stadio e il terzo stadio.
La lesione iniziale (stadio primario) non ha caratteri specifici per cui spesso viene confusa con altre patologie. Comunque più spesso si presenta come una ulcera da herpes: si localizza nell’uomo frequentemente sulla corona del glande, mentre nella donna a livello delle mucose della vulva, della vagina, della cervice uterina, del retto. Poiché guarisce spontaneamente in pochi giorni, nella maggior parte dei casi (più del 50%) passa inosservata.
Passati altri 4-15 giorni dalla comparsa della lesione iniziale (ma possono passare anche 4-6 mesi dall’infezione), si passa allo stadio secondario caratterizzato da un ingrossamento dei linfonodi regionali, che rappresenta il motivo principale che porta il paziente dal medico. Sono dolorosi, di consistenza dura. Il loro accrescimento è lento. Dopo 1-2 settimane, in un terzo dei casi, la cute sovrastante assume un caratteristico colore livido, che anticipa la apertura di vari tragitti fistolosi, dai quali fuoriesce un liquido vischioso, denso, giallastro. Si associano sintomi (febbre, malessere, scarso appetito, dolori muscolari e articolari). ingrossamento del fegato e della milza, espressione della diffusione sistemica della chlamydia.
Solo un terzo dei bubboni inguinali diviene fluttuante e si rompe; gli altri subiscono una lenta involuzione e formano delle dure masse inguinali.
Nelle donne la diversa situazione anatomica fa sì che le lesioni primarie possano localizzarsi in regioni anatomiche collegate a linfonodi situati profondamente; può pertanto avvenire che il sintomo d’esordio in tali casi possa essere un dolore a livello della regione addominale inferiore, a livello pelvico o lombare, simulante una appendicite acute o un ascesso tubo-ovarico. Non raro l’interessamento del retto.
In assenza di terapia la malattia evolve nello stadio terziario, caratterizzato dalla comparsa di ascessi perirettali, fistole anogenitali, stenosi rettali, ecc. con progressiva linfangite cronica, edema cronico e fibrosi sclerosante del tessuto sottocutaneo con conseguente indurimento ed ingrossamento delle zone affette e ulcerazione finale.
La terapia si basa principalmente sulle tetracicline
GRANULOMA INGUINALE (Donovanosi)
E’ conosciuto anche come Donovanosi o granuloma venereo.
E’ una infezione batterica cronica, contagiosa, progressivamente distruttiva della regione genitale. Non comune in Europa è presente invece nei paesi tropicali e subtropicali, principalmente Papua Nuova Guinea, Cina, Vietnam, Africa meridionale, Zambia, Brasile, Australia.
La trasmissione della malattia avviene generalmente per contagio sessuale ma non è esclusa la via indiretta, tramite il contatto con secrezioni infette.
Dopo una incubazione di circa 2-3 settimane (ma si ritiene possa variare da 8 a 80 giorni) sui genitali esterni compaiono una o più lesioni di aspetto papulo-nodulare.
Le lesioni tendono a trasformarsi rapidamente in ulcere il cui fondo è color “rosso carne” facilmente sanguinante; non sono dolorose. Dalla zona ulcerosa fuoriesce liquido maleodorante, sieroematico.Le lesioni possono unirsi le une alle altre, allargandosi con una progressione devastante.
Nel 90% dei casi la malattia si localizza ai genitali (nel maschio sul prepuzio, sul frenulo e sul solco balano-prepuziale, nella donna sulle piccole labbra), nel 10% alla regione inguinale, nel 5-10% sulla regione anale e nell’1-5% dei casi in altre sedi (bocca, labbra, viso).
Le ulcere genitali non sono di solito accompagnate da interessamento dei linfonodi satelliti.
Lasciata a sé la malattia non mostra tendenza spontanea alla guarigione. In conseguenza della sua tendenza alla cronicità, si estende lentamente a tutta la regione genito-inguino-anale.
La terapia (doxiciclina, trimethoprin-sulfametossazolo) è in grado di bloccare la progressione delle lesioni. Necessariamente deve essere assunta per periodi non brevi. Naturalmente esistono altre alternative terapeutiche.
per un minimo di 3 settimane e mantenuta fino alla guarigione clinica di tutte le lesioni. Una significativa risposta si ha già dopo una settimana, con guarigione nell’arco di 3-5 settimane. Le recidive non sono rare (anche dopo 6-18 mesi dall’apparente guarigione), specie se il trattamento è stato interrotto prima della completa risoluzione delle lesioni.
Le persone che hanno avuto rapporti sessuali col paziente affetto da granuloma inguinale nei 60 giorni precedenti la comparsa della malattia debbono essere controllati.
TRICOMONIASI
Si tratta di una infezione dovuta ad un protozoo denominato Trichomonas vaginalis. Questo microrganismo, riesce ad aderire alle superficie delle mucose, danneggiando le cellule epiteliali della parete vaginale e dell’uretra.
Nella donna si localizza principalmente alla vagina (nel 95% dei casi) mentre nell’uomo interessa soprattutto l’uretra e la prostata; molto spesso non dà sintomi.
Il contagio avviene quasi esclusivamente con rapporto sessuale; tuttavia poichè il T. vaginalis può sopravvivere per 24 ore nelle urine, negli indumenti umidi, nei tamponi o nelle spugne, non è da escludere il contagio indiretto nel caso vengano usati da più persone asciugamani, materiale da doccia ecc..
Si considera che dal 10 al 50% delle donne infette sia privo di segni o sintomi di malattia (portatrici asintomatiche). Nelle pazienti invece sintomatiche, dopo un periodo di incubazione di 5-28 giorni, vi può essere prurito vulvare esteso anche alla faccia interna delle cosce, talora intenso al punto di disturbare il sonno, dolore e irritazione. La classica secrezione di colorito giallastro o verde, con odore di burro rancido si osserva solo nel 12% dei casi. Spesso i sintomi iniziano o si accentuano nel periodo mestruale. Nel 5-15% dei casi è presente dolore addominale ed in tal caso è opportuno sospettare la possibilità di un’altra patologia quale la malattia infiammatoria pelvica.
L’infezione da Trichomonas in gravidanza è spesso associata con parto prematuro e può determinare basso peso del nascituro.
La maggioranza degli uomini infetti non presenta alcuna sintomatologia. Nei soggetti sintomatici il Trichomonas può essere causa di una uretrite non gonococcica con presenza di secrezione nel 50-60% dei casi. L’uretrite da trichomonas nell’uomo è apparentemente auto-limitante, probabilmente per le proprietà antitrichomonas del secreto prostatico.
La diagnosi si basa sia sull’osservazione al microscopio di uno striscio in soluzione fisiologica di secrezione vaginale appena prelevata.
La terapia si basa comunemente sull’uso di metronidazolo.
CANDIDOSI GENITALE
Si tratta di una infezione dovuta ad una significativa moltiplicazione a livello mucoso di lieviti del genere Candida, in particolare Candida albicans.
E’ un microrganismo che normalmente vive, innocuo, a livello del canale digerente, in vagina, in equilibrio con la flora fisiologica. Alcune condizioni, modificando equilibri locali o alterando i meccanismi di difesa immunologia del soggetto possono favorire la sua trasformazione in generatore di malattia.
Agiscono come fattori predisponesti:
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la gravidanza e l’uso di contraccettivi orali
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alcune malattie endocrine (diabete soprattutto),
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l’uso di determinati farmaci (antibiotici a largo spettro, corticosteroidi, ecc.)
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condizioni di debilitazione organica e di malnutrizione
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stati di immunodepressione.
La localizzazione a livello vaginale di Candida albicans può ritenersi anche una contaminazione a partenza dal retto-ano: una non corretta effettuazione dell’igiene intima può esserne la causa.
Inoltre l’abitudine ad usare di propria iniziativa lavande vaginali disinfettanti e l’indossare indumenti attillati talora sintetici che creano condizioni locali di clima caldo-umido (favorisce la macerazione e lo sfregamento), spiegano l’aumento dell’infezione da Candida.
Tuttavia le condizioni di libertà sessuale odierne fanno ritenere che un terzo della patologia genitale da candida faccia seguito a rapporti sessuali.
Nella donna la vulvovaginite candidosica, è più frequente nell’età compresa tra i 16 ed i 30 anni (periodo di maggior attività sessuale). Clinicamente si osserva perdite vaginali lattiginose, sierose o siero-purulente, e la paziente lamenta sensazione di prurito, bruciore e dolore.
Nell’uomo la Candida albicans determina una balanite (infezione che interessa il glande) o balanopostite (infezione che interessa glande ed il prepuzio) con prurito e bruciore ed arrossamento intenso del glande e del foglietto interno del prepuzio.
La diagnosi si fonda oltre che sull’aspetto clinico, sulle conferme dei tests micologici (esame microscopico a fresco del secreto, esame colturale).
La terapia deve seguire l’esecuzione dei tests micologici al fine di mirare l’intervento farmacologico. E’ importante che tutti e due i partners (anche se uno non presenta infezioni in atto) siano contemporaneamente trattati per evitare trasmissioni “a ping-pong” dell’infezione.
Sono disponibili vari farmaci antimicotici in varia formulazione.
SCABBIA
La scabbia è una delle più antiche malattie parassitarie, essendosi trovate tracce del parassita nelle mummie egiziane. La scoperta dell’agente causale, l’acaro, risale al 1687 e pertanto la scabbia può essere classificata come la prima malattia del genere umano della quale si conosceva la causa.
Comunemente si ritiene che essa sia appannaggio delle classi sociali più povere: parzialmente vero in quanto ormai l’infestazione, democraticamente, interessa ogni strato sociale.
Per meglio comprendere tale infestazione analizzeremo:
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l’agente causale ed il suo ciclo biologico;
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le modalità di trasmissione;
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gli aspetti clinici;
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la terapia.
AGENTE CAUSALE
La scabbia è causata da un acaro, il Sarcoptes Scabiei var. hominis, invisibile ad occhio nudo.
Sono contagianti le femmine gravide, le larve e le uova; i maschi muoiono poco dopo l’accoppiamento.
MODALITA' DI TRASMISSIONE
La femmina adulta sopravvive in un ambiente umido (tra il 40 e 80% di umidità) e temperature comprese tra 25° e 35°C: al di sotto dei 20°C ed al di sopra dei 55°C muore. Al di fuori dell’ospite umano l’acaro non sopravvive più di 2-5 giorni.
Questa premessa è doverosa per comprendere come il contagio sia prevalentemente interumano nella grande maggioranza dei casi.
Così vi deve essere un contatto diretto con la persona ammalata, con i rapporti sessuali o condividendo lo stesso letto, tramite l’allattamento oppure medicando senza precauzioni individui affetti.
Il lungo periodo di incubazione, in soggetti con una prima infezione, rende spesso difficile rintracciare la fonte di contagio.
Il contagio indiretto tramite oggetti venuti in contatto con il malato ( lenzuola, vestiti, asciugamani,coperte ecc.) o attraverso una frettolosa stretta di mano od un abbraccio è più raro.
ASPETTI CLINICI
Il sintomo d’esordio caratterizzante la scabbia è il prurito: è un prurito generalizzato caratteristicamente notturno. L’incubazione dura in media 3-4 settimane nel caso di prima infezione mentre è più breve (1-3 giorni) nel caso di reinfestazione.
La lesione caratteristica della malattia è il cunicolo scabbioso, piccola lesione rilevata, sinuosa, filiforme, lunga qualche millimetro localizzata negli spazi interdigitali delle mani e sulla superficie flessoria dei polsi. Esso corrisponde al tragitto compiuto dalla femmina adulta nello strato corneo. Ad una estremità del cunicolo vi può essere un piccolo rilievo simile ad una capocchia di spillo denominato vescicola perlacea: qui si trova l’acaro mentre il resto del percorso è occupato dalle uova e dalle feci da lui deposte.
Altre lesioni proprie della malattia sono le papule e i noduli infiammatori. oltre a manifestazioni aspecifiche quali eczema ed escoriazioni.
Le lesioni di solito non compaiono al di sopra del collo, ad eccezione che nei bambini e nei neonati.
LA TERAPIA
La terapia attualmente si basa sull’uso di sostanze da applicare sulla cute, con varie modalità a seconda del composto chimico. L’applicazione va eseguita su cute asciutta, dal collo in giù, con particolare attenzione alle regioni palmari e plantari, le aree intertiginose, sotto le unghie delle mani e, se compatibile, nei bambini e nei neonati sul cuoio capelluto. Il trattamento deve essere eseguito contemporaneamente da tutti i membri del nucleo familiare in stretto contatto con il paziente e il partner sessuale, anche in assenza di prurito, per evitare possibili reinfezioni.
E’ importante che vengano seguite fedelmente le istruzioni al fine di evitare applicazioni per periodi superiori a quelli prescritti.
La biancheria intima di cotone, le calze, le federe dei cuscini, le lenzuola, gli asciugamani del paziente vanno lavati a 60°C e stirati con il ferro a vapore; ciò che non può essere lavato a questa temperatura verrà messo in un sacco di plastica per 2 settimane: l’acaro se non riesce a nutrirsi nell’arco di una settimana, muore. Valido anche il lavaggio “a secco”.
Per i materassi e le coperte si utilizzerà un antiparassitario in polvere (trattati per 48 ore).
Può essere utile passare l’aspirapolvere nell’intero appartamento, avendo cura, al termine, di eliminare il sacchetto di raccolta.
PEDICULOSI DEL PUBE
La pediculosi del pube è una parassitosi causata da un insetto, volgarmente detto piattola,(“la farfalla dell’amore”), il Phtirus pubis.
Vive esclusivamente sull’uomo, nutrendosi in maniera quasi continua di sangue. Si aggrappa ai peli dell’ospite, nelle pause di riposo. Peli non solo del pube, ma anche del perineo, delle cosce, dell’addome, delle ascelle, delle ciglia e delle sopracciglia. Nel bambino le ciglia sono l’habitat più naturale: il contagio, in questo caso, più spesso è materno.
MODALITA' DI TRASMISSIONE
Poiché la piattola non abbandona l’ospite, essendo poco mobile, la trasmissione della malattia avviene attraverso stretto contatto fisico. Il rischio di acquisirla dopo un rapporto sessuale è di circa il 95%. Meno probabile, ma non impossibile, acquisirla attraverso i sedili dei water, la biancheria o vestiti, poiché la capacità di sopravvivenza della piattola lontano dall’uomo è di appena 24 ore.
ASPETTI CLINICI
La caratteristica della malattia è l’intenso prurito, notturno soprattutto, localizzato all’area pubica.
L’esame obiettivo svela la presenza delle piattole e delle lendini (attaccate ai peli); sugli indumenti intimi è possibile osservare macchiette puntiformi color ruggine (feci del pidocchio) o rosse (sangue). Meno comunemente si trovano le cosiddette macule cerulee sull’addome, sulle natiche, sulle cosce, dovute all’azione della puntura del parassita
TERAPIA
La terapia si basa sull’uso di sostanze topiche da applicarsi, nei modi opportuni, solitamente il 1° e 8° giorno nelle zone interessate dall’infestazione. Analogamente va trattato ogni partner sessuale col quale siano intercorsi rapporti nei 30 giorni precedenti la scoperta della pediculosi. Per i familiari il trattamento è subordinato alla presenza di parassiti.
Non è necessario radere i peli.
Per quanto riguarda federe, lenzuola, indumenti, ecc. dovrebbero essere decontaminati tramite lavaggio in lavatrice o pulizia a secco o allontanati dal contatto corporeo per almeno 72 ore.
MOLLUSCO CONTAGIOSO
Il mollusco contagioso è una comune malattia virale benigna dell’epidermide e delle membrane mucose. Colpisce equamente i due sessi, di tutte le razze, in qualunque età, anche se tende ad essere più frequente tra i 3 e 16 anni.
L’agente causale del mollusco contagioso è un virus, il più grande virus conosciuto che infetti gli esseri umani.
Il periodo di incubazione può variare da 1 settimana a 6 mesi.
Il virus si trasmette con facilità per contatto diretto (cute con cute) da una persona che presenta tali lesioni sulla pelle ad altra persona, sia per via sessuale sia per via non sessuale.
Comune è l’autoinoculazione.
Il mollusco contagioso si presenta comunemente come una piccola lesione papulosa cupoliforme, dura, del diametro di 2- 6 mm , a superficie liscia. Il colore inizialmente è simile a quello della cute. Le lesioni, nell’arco di alcune settimane, aumentano di dimensioni, , mostrando una caratteristica piccola ombelicatura al centro.
La forma non venerea la si osserva nel bambino sul viso, al tronco ed agli arti.
Il numero delle lesioni varia da poche unità ad alcune decine.
La terapia più semplice e più comunemente utilizzata è l’asportazione di ogni singola lesione con un cucchiaino tagliente. Sarà però lo specialista dermatologo a valutare al momento della visita quale sia il trattamento migliore in rapporto al numero, alla localizzazione delle lesioni e all’età del paziente.
HERPES SIMPLEX GENITALE
L’herpes simplex genitale è una infezione virale dell’area anogenitale
E’ trasmesso dall’HSV (Herpes Simplex Virus). Nella maggioranza dei casi di tratta dell’HSV tipo 2 (proprio delle infezioni della parte inferiore del corpo). Tuttavia, a seguito dell’odierna libertà delle abitudini sessuali (rapporti orogenitali), anche alcune infezioni dell’area genitale sono sostenute dall’HSV1 (principale responsabile delle infezioni della parte superiore del corpo).
L’uomo ne è l’unico ospite e la trasmissione è sempre interumana per contatto diretto; quella indiretta è poco probabile poiché il virus è rapidamente inattivato a temperatura ambiente.
La porta di ingresso del virus, favorita dalle alterazioni del rivestimento epiteliale, è rappresentata dalle mucose e dalla cute. Solitamente il primo contatto (“infezione primaria”, da non confondersi con “l’infezione iniziale” che si manifesta in un soggetto che è già stato a contatto con il virus) nella gran maggioranza dei casi non dà sintomi.
Nella sua classica manifestazione l’infezione primaria è tipicamente è preceduta da sensazioni di pizzicore, bruciore, prurito (localizzate in zone ben precise dei genitali esterni); le manifestazioni cutaneo-mucose sono caratterizzate dalla comparsa delle tipiche vescicole, sia isolate sia raggruppate, accompagnate da una notevole reazione infiammatoria. Rapidamente si trasformano in erosioni, che persistono per 4-15 giorni prima della riepitelizzazione, con possibili esiti cicatriziali.
La prima infezione determina una reazione immunitaria, la quale tuttavia non determina l’eliminazione del virus il quale persiste nel nostro organismo per tutta la vita. Esaurita questa fase il virus penetra nell’organismo e raggiunge i neuroni dei gangli nervosi delle radici spinali corrispondenti. Qui il virus rimane rimane per tutta la vita, inattivo, in perfetto equilibrio con le difese immunitarie dell’organismo ospite. Stimoli di diversa natura, quali febbre, stress emozionali e fisici, mestruazioni, interventi chirurgici, infezioni sistemiche, terapie immunosoppressive, esposizione ai raggi ultravioletti e/o al freddo, creano le condizioni favorevoli alla replicazione del virus ed alla sua migrazione in senso contrario verso le mucose.
Oltre, quindi, alla possiblità di ammalarsi di una infezione erpetica primaria (quindi di una forma che si manifesta al primo contatto con un HSV), i soggetti infettati sono spesso disturbati dalle ricorrenze o essere inconsci trasmettitori dell’infezione anche in assenza di segni funzionali o di lesioni visibili per il paziente o il medico (escrezione asintomatica). Questa è la modalità di trasmissione più importante per l’herpes genitale: si ritiene che dal 50 al 90 % delle trasmissioni avvenga durante la fase di escrezione asintomatica. Essa si manifesta più frequentemente nel periodo che precede una ricorrenza.
Segni premonitore della recidiva sono sensazioni di bruciore, prurito, formicolio, di punture di spillo localizzate nella sede dove apparirà la lesione. A poche ore di distanza (2-4) compaiono le vescicole disposte a grappolo che durano al massimo 48 ore; queste si rompono lasciando piccole erosioni e croste che durano da 72 a 96 ore. Dopo la caduta delle croste, la guarigione completa senza cicatrici avviene in 8 giorni circa (4-12 giorni).
La terapia si avvale di farmaci ad uso topico e sistemico. Il criterio di prescrizione da parte del medico si basa sulla precocità di intervento, sull’intensità e localizzazione delle manifestazioni, sulla frequenza delle recidive, basandosi su molecole quali l’acyclovir, il famciclovir, il valaciclovir, .
I partners di pazienti affetti da herpes genitale che manifestano l’infezione da HSV saranno trattati nella stessa maniera. Nel caso di partners senza sintomi di malattia, occorrerà eseguire una anamnesi accurata su eventuali pregresse lesioni genitali, portarli a conoscenza di come si manifesta l’herpes e della possibilità di eseguire un test specifico su sangue in grado di rivelare se vi sia già stato contatto con il virus erpetico.
INFEZIONE DA HIV
L’infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV) è una malattia a trasmissione sessuale con tali e tanti aspetti clinici e di laboratorio da meritare una trattazione propria. In questo contesto perciò ci limiteremo a descrivere sommariamente la sindrome lasciando alle competenze degli esperti gli approfondimenti del caso.
Clinicamente la fase di contagio è solitamente asintomatica. In alcuni casi, in fase di sieroconversione, appare una faringite febbrile con poliadenopatia, associata talvolta ad un esantema maculo-papuloso.
Seguono a questa fase anni in cui il virus determina un progressivo, peggiorativo coinvolgimento del sistema immunitario, con conseguenze sia a livello ematologico sia a livello clinico che si traducono in una lunga sequenza di malattie alcune proprie della fase intermedia altre proprie dell’AIDS conclamato.
Per quanto riguarda strettamente l’aspetto dermatologico della malattia ricordiamo tra gli altri:
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l’herpes zoster, spesso con carattere ulcero-necrotico.
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La dermatite seborroica, estesa ed essudativa.
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La candidosi orale
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La leucoplachia orale villosa
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Il mollusco contagioso, tipico per i numerosissimi elementi
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Il morbo di Kaposi, più coinvolgente rispetto alla variante classica.
Tenendo conto sempre che l’immunodeficienza può modificare, amplificandoli, gli aspetti obiettivi anche delle più banali patologie, rendendo complicato ciò che normalmente è semplice.