LA TARANTOLA
Dott. Luciano Schiazza
Specialista in Dermatologia e Venereologia
Specialista in Leprologia e Dermatologia Tropicale
c/o InMedica - Centro Medico Polispecialistico
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La tarantola è un ragno diffuso nelle regioni centrali tirreniche e meridionali, in particolar modo la Puglia. Taranta o tarantola è il nome con cui, nella tradizione popolare del Salento, viene chiamato il cosiddetto "Ragno Lupo" (Lycosa tarentula).
Il nome tarantola venne usato per la prima volta nella provincia di Taranto verso la fine del '400 riferendosi al ragno lupo. La credenza voleva che il morso di questo ragno provocasse il tarantismo: coloro che venivano morsicati lamentavano malessere generale e sintomi simili all'epilessia in quanto gli sfortunati erano colti da spasmi e si contorcevano per il dolore. A quel tempo si pensava che fosse possibile neutralizzare gli effetti del veleno saltando e sudando (l’abbondante sudorazione aiutava lo smaltimento delle tossine): da ciò la credenza popolare che la danza e la musica potessero risanare dalla malattia.
Nacquero così, come riti magico-terapeutici, "la Pizzica" nel Salentino e nell'alto Gargano, la "tarantella" in Campania e "il saltarello dei monti Tiburtini" nel Lazio. In realtà il morso della tarantola, a cui veniva attribuita la colpa del malessere, non era la causa dei disturbi lamentati dagli sventurati: più credibile è che a causare quei disturbi fosse la malmignatta (Latrodectus tredecimguttatus), poco considerata per le sue più modeste dimensioni, dal morso indolore ma il cui veleno è effettivamente pericoloso anche per l'uomo.
La tarantola faceva semplicemente da capro espiatorio per via dell’aspetto vistoso e per il morso doloroso (anche se praticamente innocuo). In passato quando l’agricoltura rappresentava per buona parte della popolazione l’unica o la principale attività, il venir morsicati dalla tarantola non era insolito perché il ragno tendeva a tessere la tela tra i solchi degli aratri morsicando così i contadini che vi si avventuravano. Habitat ideali per le tarantole sono le aree a gariga, i pascoli degradati, i terreni erbosi, tra gli interstizi dei muretti a secco.
Le tane si trovano sempre nelle immediate vicinanze di qualche piccola pianta, dove il terreno è più compatto per la presenza delle radici. Il tratto iniziale viene descritto come cilindrico o a forma conica; la tana vera e propria ha un andamento zigzagante, con alternanza di tratti verticali e orizzontali, per un totale di una quarantina ci centimetri.
La tarantola presenta abitudini prettamente notturne: passa le ore calde della giornata nel tratto della tana più vicino alla superficie, non disdegnando qualche agguato a chi passa nei paraggi, sia esso un insetto o un filo d'erba usato per attirarle, ed esce al crepuscolo per andare a caccia o accoppiarsi, non allontanandosi mai molto. La dieta tipica è formata da insetti come grilli.
La Lycosa tarentula è un aracnide carnivoro con mandibole provviste di appendici ad uncino (cheliceri) dotati di un movimento dall’alto in basso; servono ad immobilizzare la preda, spostare oggetti, scavare.
Al loro estremo sono presenti gli aculei veleniferi. Sempre anteriormente si osservano due appendici dette pedipalpi, con funzione tattile e sessuale. È il ragno italiano più grande con i suoi 2-3 cm di lunghezza del corpo.
Hanno quattro paia di zampe, e il corpo diviso in due sezioni, una anteriore detta prosoma (detto anche cefalotorace), ed una posteriore detta opistosoma.
La colorazione di fondo varia dal beige chiaro al beige-rossastro con bande longitudinali più scure sull'opistosoma. Ventralmente il colore è nero e crema. La faccia inferiore delle zampe è zebrata.
Nella parte posteriore dell’addome sono presenti delle ghiandole da cui fuoriesce un liquido viscoso che a contatto con l’aria forma fili setosi, che vengono manipolati da appendici dette filiere e che serviranno al ragno per tessere la tela e catturare le sue prede. Le sue ragnatele non si presentano come abitualmente siamo abituati a vedere da noi in Italia.
Gli effetti del veleno del ragno sono prevalentemente locali, simili alla puntura di vespa, con rari eventi di lievi necrosi. Quindi il morso della tarantola non è letale, ma neppure da non sottovalutare: è molto doloroso non tanto per il veleno, che non è molto tossico, quanto per l’azione fisica del ragno, essendo i suoi cheliceri di ragguardevoli dimensioni. Nella zona di morsicatura compare del gonfiore e possono associarsi sintomi sistemici quali nausea, vomito e malessere generale.
Per ridurre il dolore ed il gonfiore conseguente al morso è utile applicare un cubetto di ghiaccio (avvolto in un panno per proteggere la pelle da lesioni da freddo). In caso di manifestazioni sistemiche la terapia è di ordine sintomatico.
Però non è tanto facile farsi morsicare da uno di questi ragni di giorno, perché essi vivono rintanati nei loro tunnel e poi non si arrampicano, men che meno sugli esseri umani.