CHIKUNGUNYA
Dott. Luciano Schiazza
Specialista in Dermatologia e Venereologia
Specialista in Leprologia e Dermatologia Tropicale
c/o InMedica - Centro Medico Polispecialistico
Largo XII Ottobre 62
16121 Genova
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La chikungunya (CHIK) è una malattia virale debilitante.
Il termine “chikungunya” deriva dalla parola del popolo Makonde “Kungunyala” (Makonde è un territorio della provincia di Newala in Tanzania e la lingua è lo swahili) e significa “ciò che si curva, contorce” (come la foglia che cade dall’albero e seccando si ripiega su se stessa) e fa riferimento alla posizione ripiegato su se stesso che il paziente assume come conseguenza dei gravi dolori articolari (artralgie) che trovano sollievo nell’immobilità e nella posizione curva.
Il virus chikungunya è un arbovirus. Tale termine è l’acronimo di arthropod-borne viruses (virus trasmesso da artropodi ematofagi, in questo caso dalla zanzara tigre) e più precisamente un alphavirus della famiglia delle Togaviridae; è un virus a RNA (retrovirus) sensibile al calore caldo o umido e all’etanolo al 70%. E’ definito virus algo-eruttivo per le manifestazioni cliniche che determina (dolori articolari ed eruzione cutanea).
La prima descrizione della malattia risale all’epidemia del 1952 in Tanzania; ma le conoscenze attuali fanno ritenere che altre epidemie attribuite alla Dengue possano essere state invece epidemie di Chik (es. Jakarta 1779, Zanzibar 1823 e 1870).
La malattia viene trasmessa, da uomo a uomo (o ad animale), dalla puntura di una zanzara infetta del genere Aedes (aedes aegypti, aedes albopictus -zanzara tigre-).
Questa zanzara è di origine asiatica, importata nel nostro paese attraverso il commercio di copertoni usati (le zanzare depongono le uova nell’acqua ristagnate delle gomme) e delle piante ornamentali che vengono trasportate in acqua, specialmente gli alberi di Dracaena e gli arbusti (compreso il “lucky bamboo”). Si distingue dalla zanzara tradizionale per il corpo nero con bade trasversali bianche sulle zampe e sull’addome, oltre ad una striscia bianca sul capo e il dorso.
E’ molto aggressiva e diversamente dalla zanzara anofele che trasmette la malaria, la zanzara tigre è un vettore diurno che punge, ripetutamente, preferibilmente all’inizio e alla fine della giornata (mattino presto e tramonto), proprio nelle ore più fresche e piacevoli della giornata, quando la persona è più invogliata a stare all’aperto.
Il raggio di azione dell’Aedes è inferiore ai 200 metri e quindi è importante controllare la zona immediatamente adiacente alla propria abitazione, al fine di eliminare le larve presenti.
Solo la femmina punge poiché ha bisogno di sangue per la maturazione delle uova. La zanzara acquisisce il virus pungendo una persona ammalata nella fase di viremia (precede di 24 ore le manifestazioni cliniche e può durare anche 7 giorni) e diventa infettante nel giro di 10 giorni, tempo necessario perché il virus si moltiplichi e raggiunga le ghiandole salivari (ciclo estrinseco).
E’ infatti la saliva che la zanzara inietta pungendo e non il sangue che contiene nello stomaco, ad essere infettante. Quando punge un’altra persona sana gli trasmette il virus. La zanzara rimane infettante per tutto il periodo della sua vita (4-8 settimane), potendo poi trasmettere il virus alle uova ed alle larve.
L’insetto adulto è presente nel nostro paese da marzo a novembre-dicembre, mentre la deposizione delle uova invernali termina attorno alla fine di ottobre-inizi novembre. Il massimo della densità di zanzare si ha tra agosto e settembre.
La presenza delle zanzare sul territorio avviene in modo non omogeneo, a focolaio, limitatamente (diametro 200 metri) al territorio che circonda il punto dove sono state deposte le uova, che hanno poi dato origine alle larve e successivamente agli insetti adulti.
Le scimmie e presumibilmente altri animali selvatici, possono rappresentare un reservoir del virus. La trasmissione della malattia tra questi primati avviene ad opera dell’Aedes furcifer ed africanus.
La trasmissione materno-neonatale, mai segnalata prima del 2005, è stata rilevata per la prima volta in un piccolo numero di pazienti durante l’epidemia nell’isola di Réunion.
La CHIK è endemica nell’Africa sub-sahariana, nel Sud-Est asiatico (thailandia, Vietnam, Laos, Cambogia), nelle Filippine, in Indonesia. Dal 2005 anche nelle isole dell’Oceano Indiano (Mauritius, Mayotte, Comore, Reunion, Seychelles).
La CHIK è una infezione acuta con esordio brusco, improvviso, dopo un periodo di incubazione (tempo che intercorre tra l’infezione e le manifestazioni della malattia) che in media è di 4-7 giorni (ma può variare da 1 a 12 giorni).
I sintomi di esordio della CHIK sono:
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febbre elevata (39°-40°C) ad esordio brutale, improvviso,
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brividi,
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dolori articolari di grave intensità, tali da costringere il paziente a posizioni antalgiche oltre all’impotenza funzionale.
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esantema papuloso o maculo-papuloso, pruriginoso o con sensazione di irritazione, al tronco e agli arti. Talvolta anche il viso e le regioni palmari e plantari presentano alcuni elementi eruttivi. Spesso l’esantema è preceduto da un arrossamento (flush) al viso e al tronco.
I dolori articolari talvolta precedono di qualche ora la febbre. Coinvolgono più articolazioni (poliartralgie), spessissimo simmetriche (2/3 dei casi), sono migranti e interessano particolarmente le piccole articolazioni delle mani (metacarpo-falangee), i polsi, i gomiti, le caviglie, i piedi.
Il dolore è di tipo infiammatorio, più forte al mattino, migliora con i movimenti dolci mentre è aggravato dall’attività fisica sostenuta.
Può essere talmente intenso da impedire il movimento e il sonno. E’ frequente la rigidità articolare al risveglio.
Le articolazioni delle estremità sono spesso gonfie e dolorose al tatto.
Possono anche essere presenti:
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mal di testa (cefalea), non intensa
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dolori muscolari (mialgia)(nel 70-90% dei casi) generalizzati, ma anche localizzati alla colonna vertebrale (rachialgie) e alle spalle.
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nausea e vomito
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dolori addominali,
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diarrea,
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esantema alla bocca ed al palato (enantema)
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congiuntivite,
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fotofobia,
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dolore retrobulbare,
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disfagia,
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faringite,
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disgeusia (sensazione di bocca amara),
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iperestesie palmo-plantari,
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ingrossamento dei linfonodi inguinali e cervicali, moderatamente dolorosi (in concomitanza con l’eruzione cutanea)
Sono state segnalate anche manifestazioni emorragiche, quali
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sanguinamento del naso (epistassi) e delle gengive (gengivoraggie),
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petecchie senza carattere di particolare gravità.
L’interessamento del sistema nervoso è stato raramente riportato (qualche caso di meningo-encefalite e poliradicolonevrtie).
La Chik ha un decorso variabile. Solitamente è benigno con scomparsa delle seguenti manifestazioni:
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febbre in 1-10 giorni. Può però riapparire.
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esantema cutaneo in 2-3 giorni,
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dolori articolari in qualche settimana.
Tuttavia sono proprio i dolori articolari, accompagnati da rigidità articolare mattutina, quelli che possono persistere in maniera subacuta o cronica per mesi o anche anni con serie difficoltà non solo nell’assolvimento delle necessità personali quotidiane ma anche nello svolgere la propria attività lavorativa.
La convalescenza, può protrarsi per alcune settimane, contrassegnata da marcata astenia psico-fisica.
Infezioni Chik asintomatiche, “silenti” (infezioni senza malattia) sono possibili come hanno segnalato studi siero-epidemiologici in alcuni paesi africani; si presume che la loro incidenza sia elevata in un rapporto sintomatici/silenti di 1.2/1.
L’infezione Chik (silente o manifesta) si pensa conferisca una immunità permanente.
Sono stati anche segnalati decessi a seguito dell’infezione avvenuta a Réunion: nella maggioranza si trattava di persone anziane, debilitate, affette da altre patologie. Tuttavia sono decedute anche persone più giovani senza che siano state messe in evidenza altre possibili cause concomitanti.
Esistono anche forme croniche di Chik, contrassegnate da dolori articolari e rigidità articolare mattutina persistenti o recidivanti, spesso invalidanti, che possono durare mesi o addirittura anni. Queste forme colpiscono più frequentemente i meno giovani e soggetti con antigene di superficie HLA B 27, sovente associato a malattie autoimmuni. Inoltre vi è una maggiore incidenza di artralgie croniche in color che presentano un elevato titolo di anticorpi antichikungunya: ciò suggerirebbe l’ipotesi che alla base delle complicazioni articolari croniche vi sia la formazione di immunocomplessi.
Forme atipiche “classiche”
Nei soggetti più giovani la Chik può presentarsi in maniera leggermente differente nell’incidenza dei singoli sintomi rispetto all’adulto. I dolori articolari sono meno importanti e durano di meno. L’eruzione cutanea è meno frequente al contrario del vomito e delle manifestazioni emorragiche. Riportati casi di meningoencefalite.
Gravidanza, feto, neonato
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Sono state descritte morti in utero durante infezione materna da Chik nella 12-15 settimana di gravidanza. Febbre materna elevata, presenza del virus nel liquido amniotico e nella placenta spiegherebbero tale mortalità.
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La trasmissione verticale materno-fetale in prossimità del parto si spiegherebbe con la fase di viremia materna (5-7 giorni prima dei segni obiettivi clinici di infezione). Nei neonati la febbre è incostante mentre è costante la prostrazione con dolori diffusi ed impedimento all’allattamento e l’esantema cutaneo. Molto frequentemente le estremità sono edematose. Vi è inoltre una riduzione del numero delle piastrine (<100.000/mm3) che si correla alla gravità della malattia. Possono esservi anche complicazioni cerebrali (encefalopatia, emorragie cerebrali).
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Nel periodo che segue alla nascita (sotto i tre mesi di età), la Chik si manifesta con febbre e forti dolori articolari (quadro febbrile iperalgico). Grave è la carenza di piastrine (trombopenia) tale da generare manifestazioni emorragiche (melena, emorragie cerebrali). Al di sotto dei 6 mesi di età si può avere una grave eruzione bollosa alle estremità, fortunatamente con esito benigno.
Forme neurologiche dell’adulto
Benché la Chik non sia una malattia virale con tropismo neurologico, può essere colpito il SNC (Sistema nervoso Centrale) con esiti caratterizzati da grave stato confusionale, perdita di autonomia, disturbi vescicali, rallentamento psico-motorio.
Manifestazioni cutaneo-mucose
Abbiamo visto che la Chik si caratterizza anche per l’eruzione cutanea:
si tratta per lo più di un esantema morbilliforme, maculo-papuloso, con elementi che possono confluire a formare della placche dalla superficie vellutata alla palpazione, separate da zone di cute sana.
Talvolta l’esantema è scarlattiniforme con placche diffuse di colore rosso vivo, calde, dalla superficie lievemente granulosa, senza presenza di zone di cute sana, più intense alle pieghe, caratterizzate da cute desquamante a grossi lembi nella fase di risoluzione.
Il prurito è presente e può essere particolarmente intenso
Talvolta si osservano:
Lesioni vescicolose o bollose
Afte boccali e/o inguinali
Enantema (eruzione di macchie rosse di varie dimensioni localizzate alle mucose)
Porpora petecchiale o ecchimotica
Chiazze di iperpigmentazione a livello del viso e soprattutto sul naso. Regrediscono in qualche settimana ma possono riapparire in caso di esposizione solare.
Quando sospettare la presenza della CHIK?
Al di fuori della fase epidemica, la diagnosi di Chik può non essere facile. Ma in periodo epidemico la triade febbre, eruzione cutanea e soprattutto le artralgie, per la loro intensità e durata, fanno sospettare facilmente la diagnosi. La certezza però si ottiene solamente attraverso indagini di laboratorio (isolamento del virus, presenza di anticorpi specifici).
In particolare si parlerà di:
Caso sospetto, quando l’inizio della malattia è acuto e caratterizzato da improvvisa comparsa di febbre elevata (39-40), accompagnata dai seguenti sintomi: artralgia, cefalea, dolori alla schiena, fotofobia, eruzione cutanea.
Caso probabile, quando alle caratteristiche del caso sospetto si aggiunge una sierologia positiva (anticorpi specifici nel sangue).
Caso confermato, quando in un caso probabile gli esami indicano:
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aumento di 4 volte del livello anticorpale nel siero di confronto tra la fase acuta e la fase di convalescenza,
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presenza di anticorpi IgM per il virus Chik,
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Isolamento del virus dal siero,
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Scoperta del DNA virale tramite la RT-PCR.
Quindi la conferma della diagnosi della malattia si ottiene solo attraverso gli accertamenti di laboratorio.
In particolare si effettua una sierodiagnosi con reagenti specifici che permettono di dosare gli anticorpi precoci IgM diretti verso il virus della CHIK (oltre agli ac. IgG che compaiono nel decorso della malattia), identificabili in genere dal 5° giorno dall’esordio delle manifestazioni cliniche.
Una diagnosi più precoce si ottiene con la RT-PCR (già nella fase di incubazione).
Non esiste terapia specifica. Si effettua terapia di supporto, oltre al riposo, nella fase acuta articolare. Il movimento leggero ed esercizi dolci sono utili per migliorare la rigidità e i dolori articolari del mattino. Sono da evitare esercizi pesanti.
Il trattamento è sintomatico e si basa sull’uso di:
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antinfiammatori non steroidei, FANS (es. ibuprofene, naprossene),
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antipiretici (es. paracetamolo),
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antalgici,
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riposo a letto.
Da evitare l’aspirina per il rischio di manifestazioni emorragiche, citolisi epatica, trombopenia.
Per quanto riguarda l’utilizzo dei FANS impone attenzione la prescrizione a chi soffre di insufficienza cardiaca per il rischio di ritenzione di sale e liquidi, a coloro che sono affetti da insufficienza renale ed epatica, in coloro che soffrono di ulcera gastrica o di gastriti.
Il cortisone andrebbe evitato durante la fase infettiva della malattia; può essere preso in considerazione a partire dalla terza settimana di malattia in caso di dolori articolari cronici, gravi e refrattari alle altre terapie.
Nel caso in cui i dolori articolari non traggano beneficio dai FANS, è stata utilizzata la idrossiclorochina (Plaquenil).
Non esiste, allo stato attuale, un vaccino approvato contro il virus Chik, né un trattamento antivirale specifico.
Le persone infettate debbono essere protette da ulteriori punture di zanzara (rimanendo al chiuso o utilizzando delle zanzariere nei primi giorni di malattia –fase viremica), per evitare di contribuire ad amplificare la diffusione della malattia.
La prevenzione dell’infezione si basa su criteri da applicarsi al singolo individuo e all’ambiente.
La prevenzione individuale si basa sulle misure da adottarsi per evitare l’esposizione alle punture delle zanzaree(particolarmente all’inizio e alla fine della giornata quando è massima l’attività delle zanzare) e quindi:
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indossare abiti chiari (attirano meno le zanzare rispetto a quelli scuri), con maniche lunghe e pantaloni lunghi;
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applicare sugli indumenti un insetticida alla permetrina. L’applicazione va fatta con l’indumento steso, in quantità tale da inumidirlo, lasciandolo poi asciugare. La permetrina dovrebbe resistere a più di un lavaggio con una efficacia che dovrebbe protrarsi per alcune settimane (2-6);
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usare dei repellenti per insetti sulla pelle (es. DEET oppure Picaridina – icaridina, bayrepel, KBR), con esclusione delle donne gravide ed i bambini al di sotto dei 30 mesi di età a causa della immaturità della barriera ematoencefalica e del sistema enzimatico. I prodotti non vanno applicati più di tre volte al giorno. Deve essere evitato il contatto con gli occhi. Non devono essere applicati sulle mucose e sulle lesioni cutanee. Da non applicare in caso di precedenti reazioni allergiche. Rispettare le istruzioni d’uso per i bambini.
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negli ambienti chiusi usare zampironi, diffusori elettrici di insetticidi;
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spruzzare insetticidi a base di permetrina (di giorno) sotto il letto, negli armadi, nei recessi degli apparecchi sanitari, sulle tende delle docce;
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se possibile, usare una zanzariera attorno al letto (trattata con permetrina).
A livello ambientale la prevenzione si basa sulla lotta alle zanzare:
eliminare le acque stagnanti, potenziali focolai di sviluppo delle larve (caditoie stradali, pozzetti di scolo delle acque di cortile e di terrazzi, dai bidoni, dai secchi e dagli annaffiatoi utilizzati in orti e giardini, dai sottovasi dei fiori, da contenitori abbandonati di varia natura e forma, da copertoni di veicoli stradali usati,dai barattoli, dalle bottiglie, dai teli di plastica, dalle lattine e dalle bacinelle);
utilizzare insetticidi attivi contro le larve, settimanalmente, nel periodo aprile-ottobre,nei ristagni d’acqua non eliminabili e non isolabili con coperchi o zanzariere (ben fissate e tese);
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Eliminare quei rifiuti che possono favorire il ristagno d’acqua e lo sviluppo delle larve (i copertoni usati, i contenitori metallici vuoti, i vasi, ecc.).
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Controllare le attività produttive a rischio (vivai, rottamai, gommisti, depositi di materiale e cantieri edili).
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Il controllo ambientale impone che venga trattata l’area circostante l’abitazione per un raggio di 100 metri, nel caso di una sola persona infetta; se però i casi sono più di uno, il raggio va portato a 300 metri.
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Evitare qualsiasi prolungata raccolta di acqua in contenitori di uso frequente (annaffiatoi, secchi, bacinelle), svuotandoli completamente dopo ogni uso (nel terreno e non nei tombini) e mantenendoli capovolti sino all’uso successivo e comunque al riparo dalle piogge oppure dotandoli di coperchi ermetici o coprendoli con zanzariere a maglie molto fini, oppure svuotandoli almeno una volta alla settimana come nel caso degli abbeveratoi per gli animali;
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Effettuare trattamenti larvicidi, ogni 7-10 giorni,da aprile ad ottobre, nei ristagni d’acqua non eliminabili ed isolabili con coperchi o zanzariere. E’ consigliato, essendo un prodotto naturale già presente in natura, il Bacillus thurigiensis israelensis, un batterio che produce una tossina specifica per la zanzara tigre.
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Eliminare o limitare il ristagno di acqua nei sottovasi delle piante;
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Pulire e trattare le piante prima di riporle al riparo per l’inverno, a causa del rischio di conservare le uova della zanzara, che possono poi schiudere quando le piante vengono nuovamente innaffiate ed esposte all’aperto in primavera.
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Introdurre pesci rossi o gambusie nelle vasche e fontane ornamentali dei giardini, poiché essi si nutrono delle larve delle zanzare;
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Nei cimiteri occorre riempire con sabbia o argilla espansa i vasi con i fiori finti, mentre i vasi non utilizzati vanno conservati capovolti. L’acqua dei vasi con fiori recisi va cambiata al massimo ogni 5-6 giorni oppure trattata con prodotti larvicidi.
Il rischio che la Chik diventi endemica in alcune zone europee è da prendere in seria considerazione. Esperienze in altri pesi sedi di epidemia (Réunion, India) indicano come in caso di una epidemia significativa (specialmente in aree urbane), diventa difficile eliminare il virus dalla popolazione delle zanzare.
La diagnosi differenziale si pone con la Dengue, con l’infezione da virus O’Nyong-Nyong, con l’infezione da virus Sindbis.
La Chik è l’esempio di come sia fondamentale, per la prevenzione ed il controllo della malattia, la sensibilizzazione e la partecipazione attiva della popolazione.
La popolazione deve essere consapevole
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di quali sono i sintomi con cui si manifesta la malattia,
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di come si trasmette,
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di quali sono i possibili trattamenti,
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di quali siano le misure di controllo da adottare.
Deve essere incoraggiata
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a partecipare al controllo, a lungo termine, della popolazione della zanzara tigre attraverso l’utilizzo di prodotti larvicidi e adulticidi,
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a mantenere attive le pratiche di protezione personale e dell’ambiente in cui vive.
La Chik è una malattia che può essere prevenuta solamente attraverso la stretta collaborazione tra il singolo individuo e le istituzioni preposte alla salvaguardia della salute. Solo gli sforzi congiunti possono ostacolare la diffusione di un virus capace, nelle aree urbane, di colpire migliaia di persone in rapida successione.