IL FUMO DI SIGARETTA E LA CUTE

Dott. Luciano Schiazza
Specialista in Dermatologia e Venereologia
Specialista in Leprologia e Dermatologia Tropicale
c/o InMedica - Centro Medico Polispecialistico
Largo XII Ottobre 62
16121 Genova
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INTRODUZIONE

Il fumo di sigaretta rappresenta la principale prevedibile causa di malattia e morte nei paesi occidentali.

Ben conosciuti sono i suoi effetti a livello respiratorio cardiovascolare metabolico osseo gastrointestinale, tumorale e tiroideo.

Poco conosciuti sono invece gli effetti del fumo sulla cute, certamente non paragonabili per la gravità a quanto sopra.

La cute è esposta al fumo delle sigarette sia in maniera diretta col fumo espirato sia indirettamente tramite le sostanze tossiche in esso contenute che, dopo essere state assorbite attraverso l’apparato respiratorio, la raggiungono con la circolazione sanguigna.

La precocità di comparsa delle rughe e dell’invecchiamento della cute del viso nei fumatori, sono due aspetti che, in una società come l’odierna nella quale l’aspetto estetico rappresenta motivo di attenzione, meritano di essere evidenziati.

Come pure deve essere rimarcato l’aspetto inibitorio che il fumare esercita sulla guarigione delle ferite: problema di cui bisogna tener conto nella riparazione delle lesioni post-traumatiche ma soprattutto nella chirurgia elettiva e ancor più in quella estetica.

Da segnalare poi le lesioni a cui può andare incontro la mucosa orale, i rapporti tra fumo e tumori cutanei, il ruolo dei radicali liberi nella patogenesi delle malattie causate dal fumo, la relazione tra il fumo di sigaretta e la psoriasi e la pustolosi palmo-plantare.

Infine un breve accenno, tra tanto numerosi e gravi effetti, anche ai benefici che il fumo di sigaretta ha dimostrato su alcune malattie.

Fumo di sigaretta

Il fumo di sigaretta contiene più di 4000 composti. Esso è composto da una fase volatile e da una fase solida. La fase volatile, che costituisce il 95% del peso del fumo di sigaretta, contiene circa 500 composti, tra cui monossido di carbonio, benzene, acetaldeide, metanolo, acido cianidrico, ammonio, acroleina, formaldeide, cloruro di vinile, 2-naftilamina. Nel particolato, 5% in peso del fumo di sigaretta, vi sono 3500 differenti composti, di cui il più importante è la nicotina.

Il particolato, privato della nicotina e dell’acqua, è denominato catrame, il quale, per il suo contenuto in nitrosamine aromatiche, è uno dei più potenti carcinogeni.

Fumo di sigaretta e apparato respiratorio

Tipiche manifestazioni polmonari dei fumatori sono la bronchite cronica, l’enfisema e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).

Con bronchite cronica si definisce una condizione in cui vi è una produzione di muco tracheobronchiale, accompagnato da tosse ed espettorato, per almeno tre mesi all’anno, da più di due anni di seguito.

Con enfisema si definisce la dilatazione degli spazi aerei posti dopo i bronchioli terminali (acini) con distruzione dei setti alveolari, Ciò implica una alterazione della superficie alveolo-capillare di scambio gassoso con compromissione del rapporto ventilazione/perfusione, normalmente pari circa a 1 (5-6 litri di sangue venoso/minuto, 5 litri di aria inspirata/minuto). Il deteriorato scambio gassoso implica conseguenti alterazioni dei gas del sangue.

La BPCO consegue alla bronchite cronica e/o all’enfisema, entrambe in grado di determinare una diminuzione di calibro delle vie aeree.

Tutti i componenti del sistema respiratorio subiscono, a causa del fumo, una accelerazione del declino naturale delle loro funzioni con riduzione del volume espiratorio massimo/secondo (FEV1) calcolato in 10-20 ml/anno in meno rispetto ai non fumatori con una netta relazione alla quantità di sigarette consumate ed alla età di inizio del fumo.

Infatti nei giovani fumatori vi è una diminuzione della velocità di crescita del FEV1 nell’adolescenza con conseguente ridotta funzione massimale del FEV1, prematuro inizio del declino del FEV1 che risulta poi accelerato durante la mezza età e la vecchiaia.

Si ritiene che l’induzione della BPCO dipenda da un alterato equilibrio enzimatico (elastasi-antielastasi). In particolare si avrebbe o una carenza di alfa-1-antitripsina (proteina inibitrice della tripsina, dell’elastasi e di altri enzimi proteolitici) o una concentrazione di enzimi proteolitici superiore al potere inibitorio degli alfa-1-proteasi-inibitori.Questi ultimi enzimi hanno una funzione protettiva sull’integrità strutturale dell’elastina polmonare, necessaria a garantire la trazione radiale di sostegno alle vie aeree per una corretta velocità di flusso espiratorio massimo.

Il fumo attraverso reazioni infiammatorie ricorrenti richiamerebbe leucociti e macrofagi nei polmoni con conseguente rilascio di proteasi che, in assenza di adeguata inibizione, indurrebbero il danno. A ciò si aggiungerebbe la relativa deficienza di vitamina C, la maggiore sostanza antiossidante presente nel fluido che tappezza gli alveoli, privando l’organo di adeguata azione antiradicali liberi.

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Fumo di sigaretta e apparato cardiovascolare

Gli effetti del fumo di sigaretta sull’apparato vascolare sono riconducibili all’aterosclerosi ed alla vasocostrizione periferica mediata dalle catecolamine che vengono rilasciate a seguito dell’azione stimolatoria della nicotina sul sistema nervoso simpatico.

Il danno endoteliale rappresenta l’evento patologico che prepara l’aterosclerosi ed il fumo di sigaretta ne rappresenta l’iniziatore attraverso un’azione meccanica e chimica. Infatti la nicotina determina un effetto desquamante nell’endotelio che si ritiene possa essere secondario all’aumento della viscosità del sangue, della frequenza cardiaca, della portata cardiaca di eiezione e della pressione arteriosa, della vasocostrizione oltre all’azione chimica degli idrocarburi policiclici aromatici contenuti nel fumo di sigaretta.

Il tabacco influenzerebbe anche le piastrine aumentandone l’adesività e l’aggregabilità sull’endotelio danneggiato con conseguente liberazione di PDGF (platelet-derived growth factor, fattore di crescita di derivazione piastrinica) che a sua volta stimolerebbe la migrazione e la proliferazione delle cellule muscolari lisce e la sintesi di matrice extracellulare nella lesione aterosclerotica. L’aggregazione piastrinica e la vasocostrizione sarebbero ulteriormente influenzate dal fumo attraverso l’inibizione della prostaciclina, potente vasodilatatore sintetizzato dalle cellule endoteliali, e dall’aumento della sintesi di trombossano, che regola la funzione delle piastrine e la loro distruzione.

L’azione aterogenica deriva altresì dalle alterazioni che il fumo esercita sul profilo lipidico con riduzione dell’HDL e aumento delle LDL. Ciò significa che nelle tipiche lesioni aterosclerotiche osserveremo depositi lipidici ricchi in LDL le quali subiscono una progressiva ossidazione (maggiore è l’ossidazione, maggiore è la capacità aterogena) lieve da parte dell’endotelio, alta da parte dei macrofagi (derivanti dai monociti penetrati nella parete vasale) i quali vengono trasformati in cellule schiumose.Tali cellule, dopo essersi saturate in lipidi, liberano, prima di morire, LDL ossidate e radicali liberi che perpetuano il danno.

Le proteine ad alta densità (HDL), essendo ridotte, non riescono a svolgere il loro ruolo di inibizione sia dell’ossidazione sia dell’accumulo delle LDL nella parete vascolare e neppure quello di stimolo alla fuoriuscita di colesterolo dalle lesioni aterosclerotiche.

A livello cardiaco tutto ciò si traduce

Il rischio di cardiopatia ischemica, pur aumentando in relazione al numero di sigarette fumate, è pur sempre maggiore rispetto ai non fumatori anche con il semplice consumo di 1-2 sigarette al giorno.

Poiché il fumo di sigaretta aumenta la richiesta di ossigeno del miocardio e nel contempo ne riduce la disponibilità, gli attacchi di angina pectoris si manifestano più facilmente per ridotta tolleranza all’attività fisica oltre che conseguenza della ridotta efficacia della terapia antianginosa.

Inoltre nei fumatori aumentano

Il fumo riduce anche i benefici delle terapie trombolitiche, dei by-pass, dell’angioplastica per le più frequenti riocclusioni. Le donne fumatrici che fanno contemporaneamente uso di contraccettivi orali corrono un rischio di cardiopatia ischemica decuplicato rispetto alle non fumatrici.

Anche l’aneurisma aortico, considerato secondario all’aterosclerosi, è cinque volte più comune nei grandi fumatori rispetto ai non fumatori.

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Fumo di sigaretta e suoi effetti metabolici

Il fumo di sigaretta interviene negli equilibri metabolici, alcuni dei quali risulteranno aumentati, altri diminuiti. In particolare:

aumentati:

diminuiti:

Metabolismo basale

La nicotina aumenta il metabolismo basale e diminuisce il senso della fame. Tendenzialmente il fumatore ha un peso inferiore al non fumatore e la maggioranza dei fumatori aumenta rapidamente di peso quando smette di fumare.

La giustificazione di tutto ciò è da ricercarsi in un enzima, la lipasi-lipoproteica. Questo è l’enzima chiave che regola l’assunzione e l’accumulo dei trigliceridi all’interno degli adipociti. E’ stato osservato che i livelli di lipasi-lipoproteica nel tessuto adiposo dei fumatori sono maggiori rispetto ai non fumatori (equiparati per sesso ed età) e che l’aumento di peso durante le prime settimane di cessazione del fumo era correlato ai valori di lipasi-lipoproteica misurati nel tessuto adiposo prima dell’interruzione del fumo. Quanto più alti erano i livelli dell’enzima, tanto maggiore era l’aumento di peso durante le prime settimane di astinenza. La lipasi-lipoproteica, aumentando la sua attività, svolgerebbe quindi una funzione di controregolazione nel mantenere il peso corporeo e la massa adiposa dell’individuo. Con la cessazione del fumo, in condizioni di significativo apporto alimentare, l’accumulo di tessuto adiposo sarà perciò tanto maggiore quanto più elevata è l’attività enzimatica basale.

Nei fumatori, inoltre, vi è una riduzione del senso del gusto e dell’olfatto, con conseguente incidenza sull’inappetenza. L’interruzione del fumo riporta ai corretti valori tali sensibilità.

VLDL colesterolo, LDL colesterolo

Profilo lipidico aterogenico: valori di VLDL più elevati, LDL più alte e più ossidate.

 

Trigliceridi

L’aumento dei trigliceridi sierici postprandiali nei fumatori (con normali livelli a digiuno) sarebbe riconducibile

Glucosio

Il fumo aumenta il rischio di manifestare il diabete, in entrambi i sessi. Nei fumatori si creerebbe una “insulinoresistenza”, per una probabile azione delle catecolamine e dell’ormone della crescita : ciò sarebbe alla base del diabete mellito non insulino dipendente (NIDDM). Certamente tale patologia riconosce una predisposizione genetica, ma le abitudini di vita ed il fumo in particolare hanno un ruolo fortemente condizionante. Più numerose sono le sigarette fumate e maggiore è il rischio, calcolato in oltre due volte e mezzo rispetto ai non fumatori in chi consuma più di 40 sigarette al giorno. A ciò  bisogna aggiungere come il fumo acceleri la progressione della neuropatia diabetica attraverso l’aumento della pressione arteriosa e alteri la funzione tubulare prossimale e glomerulare renale.

Cortisolo, ormone della crescita, prolattina

Tutti e tre risultano aumentati nei grandi fumatori. L’ipotesi patogenetica sarebbe da ricondursi ad una aumentata sensibilità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, come pure a variazioni dei neuroni ipotalamici colinergici-catecolaminergici o serotoninergici.

HDL colesterolo

Il fumo riduce la lipoproteina ad alta densità, limitandone quindi l’effetto antiaterogenico. La cessazione del consumo di sigarette determina un significativo rialzo dell’HDL.

Estrogeni

Il fumo di sigaretta ha un effetto antiestrogeno che può tradursi in:

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Fumo di sigaretta e apparato osseo

La prima osservazione della relazione tra fumo di sigaretta e osteoporosi risale al 1973. In seguito ulteriori studi dimostrarono la correlazione tra fumo e riduzione della massa ossea, fumo ed aumento del rischio di fratture della testa del femore. Riguardo all’osteoporosi, la riduzione della densità ossea si ritiene proporzionale alla quantità di sigarette fumate; ogni 10 pacchetti/anno vi sarebbe la riduzione del 2% della densità ossea per le vertebre dorsali e di circa l’1-1.5% per il femore.

Ad accelerare la perdita della massa ossea contribuirebbe:

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Fumo di sigaretta e apparato gastrointestinale

Anche a livello gastrointestinale il fumo di sigaretta esercita i suoi effetti negativi

Il fumatore presenta perciò

Inoltre è noto che il fumo di sigaretta determina una riduzione della sensibilità dei sensi del gusto e dell’olfatto.

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Fumo di sigaretta e tumori

Molti studi epidemiologici hanno evidenziato come il fumo di sigaretta sia importante causa di differenti tumori: cancro del polmone, della laringe, dell’oro e ipofaringe, dell’esofago, della vescica, del rene, del pancreas, dello stomaco, della vescica. Si ritiene che il 30% di tutte le morti per tumore siano dovute al fumo di sigaretta.

Il grado di rischio dipende dall’intensità dell’esposizione al fumo e quindi da fattori quali, ad esempio,  il numero di sigarette fumate al giorno, la precocità di inizio, la quantità di anni di fumo ecc..

Gli stessi studi dimostrano altresì come il rischio di insorgenza di tali tumori diminuisca con l’interruzione del fumo e con l’allungamento del periodo di astinenza.

Le cause di tale associazione sarebbero da ricercare nell’assorbimento sistemico dei carcinogeni contenuti nel fumo di sigaretta e nell’immunodepressione che lo stesso fumo induce.

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Fumo di sigaretta e tiroide

Nei fumatori vi è maggiore incidenza di gozzo ed è molto significativa l’associazione con l’oftalmopatia di Graves. Si ritiene che il fumo di sigaretta alteri la struttura del recettore tireotropinico così da renderlo più immunogenico nelle persone predisposte col risultato finale che gli anticorpi antirecettore sarebbero più reattivi col tessuto retroorbitale. Il rischio aumenterebbe con la quantità delle sigarette consumate.

Il fumo di sigaretta svolgerebbe una azione antitiroidea non tale da indurre ipotiroidismo ma in grado di aumentare la severità e gli effetti periferici dell’ipotiroidismo.

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Fumo di sigarette e rughe

L’esposizione al sole ed il consumo di sigarette sono i fattori più influenti sull’invecchiamento cutaneo. Se i danni che la prolungata esposizione al sole sono ormai ampiamente documentati e divulgati, la relazione tra il consumo di sigarette e le rughe del viso è invece poco noto. Eppure già nel lontano 1856 la cute dei fumatori veniva descritta olivastra e piena di rughe.

Studi recenti hanno valutato questa relazione giungendo alla definizione del “viso del fumatore”. Indipendentemente dalla classe sociale, dalla durata dell’esposizione al sole o da recenti variazioni di peso, esso sarebbe caratterizzato da:

Certamente non tutti i fumatori presentano tali aspetti come pure li possiamo osservare nei non fumatori, pur in percentuale bassa e poco significativa: ciò è da attribuirsi, a parità di condizioni generali, ad una sensibilità genetica che rende i soggetti predisposti alle rughe.

Per i fumatori il rischio della prematura comparsa delle rughe è in rapporto al numero di pacchetti di sigarette consumati all’anno: i grandi fumatori (più di 50 pacchetti/anno) hanno la possibilità di avere le rughe circa cinque volte di più rispetto ai non fumatori e le donne maggiormente rispetto all’uomo.

I meccanismi attraverso i quali il fumo esercita i suoi effetti deleteri sulla cute sono sia di tipo diretto sull’epidermide da parte dei suoi componenti irritanti sia di tipo indiretto nel derma attraverso sostanze veicolate con la circolazione sanguigna.

Di conseguenza avremo:

  1. Riduzione dell’idratazione dello strato corneo per azione diretta del fumo.

  2. Rughe a zampa di gallina agli angoli esterni dell’occhio per azione diretta irritante del fumo sugli occhi con tendenza a tenerli socchiusi.

  3. Rughe raggiate sul contorno delle labbra per azione meccanica della contrazione dei muscoli facciali durante il fumo.

  4. Alterazione delle fibre elastiche simili a quelle provocate dall’esposizione al sole ma a carico del derma reticolare (più profondo) anziché di quello papillare (più superficiale) come nell’elastosi attinica (azione indiretta).

  5. Produzione di radicali liberi con conseguente danno tissutale (azione indiretta).

  6. Riduzione delle concentrazioni cutanee di alfa-tocoferolo, beta-carotene e retinolo, sostanze con spiccata azione antiradicali liberi (azione indiretta).

  7. Effetto antiestrogenico (azione indiretta).

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Fumo di sigarette e guarigione delle ferite

Il fumo delle sigarette contiene più di 4000 costituenti tossici. Fra questi la nicotina ed il monossido di carbonio sono quelli che maggiormente incidono negativamente sulla guarigione delle ferite.

La nicotina altera il processo riparativo:

producendo un quadro finale di:

Il monossido di carbonio altera il processo riparativo:

producendo un quadro finale di ipossia cellulare   

Quindi le condizioni basilari di una ottimale guarigione (adeguato flusso capillare e arteriolare cutaneo, ottimale ossigenazione) vengono meno.

Fumare una sigaretta causa una vasocostrizione a livello della cute che può durare anche un’ora e mezzo; fumare per dieci minuti riduce l’ossigenazione dei tessuti per almeno un’ora e quindi chi fuma un pacchetto di sigarette al giorno rimarrebbe ipossico per buona parte della giornata.

In pratica nei fumatori vi è una rallentata guarigione delle ferite. Se ciò, in caso di banale ferita traumatica, può avere scarsi riflessi negativi, nel caso di interventi chirurgici ed ancor più in quelli di chirurgia plastica ed estetica la compromissione del processo riparativo cutaneo può vanificare il risultato con possibilità di complicazioni per i fumatori doppie rispetto ai non fumatori.

Viene raccomandato pertanto di non fumare da un giorno a tre settimane prima di un intervento a cinque giorni/quattro settimane dopo.

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Fumo di sigaretta e cavità orale

Il fumo di sigaretta esercita vari effetti nella cavità orale:

  1. impedisce una normale risposta immunitaria come è dimostrato dai ridotti livelli di ac. IgA salivari e IgG sierici diretti verso agenti periodontogeni.

  2. Altera la funzione neutrofila, fondamentale nella risposta immunitaria antinfettiva.

  3. Altera il sistema periodontale con maggior presenza di tasche periodontali anaerobiche.

  4. Le tasche periodontali sono in prevalenza profonde.

  5. La placca batterica si accumula più velocemente.

  6. I denti tendono a macchiarsi (marrone scuro, nero) nella parte cervicale

  7. I denti tendono a cadere più facilmente.

Accanto a tali dati clinico-epidemiologici sono consolidati i rapporti tra fumo di sigaretta e le seguenti patologie del cavo orale: gengivite necrotizzante ulcerativa, lingua villosa nigra, melanosi gengivale, leucoplachia, leucocheratosi nicotinica del palato, cancro delle labbra, cancro della cavità orale.

Gengivite necrotizzante ulcerativa.

E’ conosciuta come ANUG (acute necrotizing ulcerative gengivitis ), trench mouth o malattia di Vincent. Pressoché esclusiva dei fumatori, è una malattia infiammatoria caratterizzata da ulcerazioni e necrosi del margine gengivale e distruzione delle papille interdentali con dolore, sanguinamento, odore fetido nella bocca. Il fumo agirebbe sia depositando catrame ed altre sostanze sulla superficie dentale che favorirebbero l’accumulo della placca e di batteri, sia alterando la risposta difensiva locale, sia modificando l’ecosistema periodontale.

Lingua villosa nigra

E’ una affezione benigna della parte mediana e posteriore del dorso della lingua, caratterizzata da ipertrofia e allungamento delle papille filiformi con ritardo della normale desquamazione della superficie dorsale della lingua e colorazione bruno-nerastra.

Varie possono essere le cause (trattamenti con antibiotici a largo spettro, scarsa igiene orale, uso di acqua ossigenata per sciacqui buccali, radioterapia per tumori della testa e del collo) ma occorre sottolineare il ruolo significativo del fumo di sigaretta nell’indurre tale quadro clinico.

La lingua villosa nigra raramente è sintomatica. Talora i pazienti lamentano sensazione di solleticamento alla deglutizione quando le papille sono particolarmente lunghe.

Melanosi gengivale.

Detta anche melanosi del fumatore, si presenta come una pigmentazione della gengiva labiale anteriore. E’ un problema di ordine estetico, dovuto all’aumentata produzione di melanina da parte dei melanociti stimolati dal fumo di sigaretta. Interrompendo il vizio, tende a normalizzarsi (mesi o anni).

Leucoplachia

E’ una chiazza o placca biancastra della mucosa orale, sei volte più frequente nei fumatori. Asintomatica, benigna, regredisce di solito quando è rimosso lo stimolo nocivo: può tuttavia subire trasformazione maligna (nel 6-10% dei pazienti), specialmente quando è presente una componente eritematosa (eritroleucoplachia).

Leucocheratosi nicotinica del palato

Esclusiva dei fumatori (spesso più di pipa che di sigarette), è una forma di cheratosi uniforme del palato duro nella quale si osservano numerose piccole papule con una parte centrale ombelicata rossastra: sono gli orifizi dilatati e infiammati delle ghiandole salivari minori. Nonostante il nome, la nicotina non è il fattore scatenante bensì lo sono il calore e alcuni agenti irritanti del fumo. L’interruzione del fumo, dopo circa due settimane, induce una remissione completa.

Cancro delle labbra

I fattori maggiori di rischio per il tumore delle labbra sono l’esposizione al sole ed il fumo di sigaretta. La relazione tra fumo e tumore delle labbra non è chiarita, anche se circa l’80% di chi è affetto da tale patologia è fumatore.

Cancro orale

La relazione è ben documentata (da decenni) con una percentuale di rischio 77 volte maggiore nei grandi fumatori (più di 50 pacchetti/anno) rispetto ai non fumatori. Il forte consumo di alcool agirebbe sinergicamente col fumo nell’accrescere tale rischio. A conferma indiretta, nei Mormoni che non bevono alcolici e non fumano, tale varietà di tumore è praticamente inesistente.

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Fumo di sigarette e tumori cutanei

Molti studi epidemiologici hanno valutato il possibile rischio di aumentata incidenza dei tumori cutanei nei fumatori con le seguenti conclusioni:

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Fumo di sigaretta e radicali liberi

La maggioranza delle molecole di importanza biologica possiede un certo numero di elettroni che occupano varie orbite , ognuna delle quali contiene al massimo due elettroni che girano in opposte direzioni.

Radicale libero è una molecola che contiene nell’orbita più esterna un solo elettrone il quale può sceglierne la direzione, che tende a cambiare continuamente. Ciò rende la molecola instabile e molto reattiva, pronta ad accoppiarsi con un’altra molecola per recuperare la stabilità attraverso una reazione di ossidazione (il radicale tende a perdere l’elettrone spaiato) o di riduzione (il radicale tende ad acquisirne).

In conseguenza della loro reattività i radicali liberi formatisi danno origine ad una reazione a catena per cui ogni passaggio è caratterizzato dalla formazione di un nuovo radicale libero capace di innescare la reazione successiva.

I radicali liberi vengono prodotti o attraverso i normali processi fisiologici (a livello mitocondriale – catena respiratoria; a livello della membrana cellulare – cascata dell’acido arachidonico; a livello del reticolo endoplasmatico – citocromi b5 e P450) o attraverso l’azione di agenti esogeni (inquinanti ambientali, fumo di sigaretta, luce ultravioletta). In alcuni casi l’aumento della produzione di radicali liberi ha significato protettivo come nei processi infettivi (azione antimicrobica) mentre in altri casi manca la finalità, rendendo queste sostanze libere di danneggiare le cellule con gli effetti di una accelerazione del processo di invecchiamento e rischio di varie malattie (malattie cardiache e vascolari, tumori, cataratta, colite ulcerosa, vasculiti, artrite reumatoide, allergie, autoimmunità,ecc.).

I radicali liberi sono composti da ossigeno: quindi ossigeno fonte di vita in quanto permette alle cellule di produrre energia ma anche fonte di radicali liberi.

Tra questi ricordiamo:

Questi ultimi due sono i maggiori inquinanti atmosferici. Il NO2  è presente nella fase aeriforme del

fumo di sigaretta a livelli elevati (250 ppm.).

Il radicale libero più diffuso è l’anione superossido il quale reagisce con il perossido di idrogeno  formando il più pericoloso e potente radicale idrossilico.

I radicali liberi hanno la capacità potenziale di indurre la denaturazione delle proteine e la per ossidazione dei lipidi di membrana, con conseguente invecchiamento cellulare, perdite di efficienza, alterazione della funzione di membrana sino all’alterazione del DNA con effetti mutageni tumorali.

Normalmente un soggetto sano riesce a difendersi grazie ad un sistema costituito da sostanze che riescono ad inibire l’ossidazione delle strutture cellulari.

Tre sono i gruppi di antiossidanti naturali:

Se la quantità di radicali liberi è superiore a quella che il sistema antiossidante riesce a neutralizzare, l’eccesso danneggerà la cellula (stress ossidativo).

Il fumo di sigaretta è la più grande fonte esogena di radicali liberi ( 10-15 miliardi di radicali liberi per sigaretta fumata) in grado di esaurire gli antiossidanti e iniziare, promuovere e accelerare la trasformazione tumorale, danneggiare le proteine ed i lipidi, alterare l’attività enzimatica dei recettori di membrana e di trasporto delle proteine.

La cute è direttamente e intensamente esposta al fumo di sigaretta. E’ il primo tessuto che viene a contatto col fumo ed è esposta ad una concentrazione di radicali liberi superiore ad altri organi, eccetto i polmoni.

Di conseguenza nella cute:

Si ritiene che il fumo porti al rilascio di ione superossido da parte dei leucociti con danno tissutale sia diretto (perossidazione lipidica) sia indiretto (inattivazione dell’alfa-1-antitripsina, enzima che protegge da danni proteolitici e che è alla base del sistema antielastasi polmonare).

Nel fumo di sigaretta sono stati identificati due gruppi di radicali liberi:

Se a ciò aggiungiamo che nei fumatori i livelli di scavengers quali vit.E, beta-carotene, retinolo sono significativamente più bassi rispetto ai non fumatori (attorno al 40%circa in meno) si comprende quanto la situazione sia negativamente sbilanciata e quale sia il ruolo che il fumo eserciti nell’indurre i danni cutanei nel derma medio e reticolare.

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Fumo di sigaretta, psoriasi e pustolosi palmo-plantare.

La relazione tra fumo di sigaretta e psoriasi è stata oggetto di vari studi i quali avrebbero evidenziato come esso possa rappresentare un significativo fattore id rischio per la comparsa della psoriasi, specialmente nelle donne,  in un caso su cinque, evidenziando come tale rischio aumenti in relazione al numero di sigarette consumate al giorno, maggiore in coloro che ne fumano 20 o più quotidianamente. Il rischio aumenterebbe ulteriormente in coloro che hanno una familiarità per tale malattia.

Anche per la pustolosi palmo-plantare sembra esservi una relazione col tabagismo, con un fattore di rischio 7.2 volte superiore nei fumatori rispetto ai non fumatori. La relazione si baserebbe sul leucocita neutrofilo: la pustolosi palmo-plantare è una dermatosi neutrofila ed il fumo di sigaretta incrementa la conta dei neutrofili periferici e li altera in senso morfologico e funzionale.

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Fumo di sigaretta e benefici su alcune patologie.

Dopo aver passato in rassegna i danni che induce il fumo di sigaretta, non possiamo tralasciare alcuni suoi effetti benefici su alcune malattie.

Ciò non deve essere interpretato come un incoraggiamento a fumare o a non smettere; vuole essere la dimostrazione di come il mondo scientifico, tanto deciso nella campagna antifumo, non tralascia di approfondire le conoscenze sugli effetti del fumo di sigaretta, buoni o cattivi che siano, avendo  sempre come il fine il miglioramento della qualità e delle aspettative di vita dell’uomo.

Si è visto che i fumatori hanno il 50% in meno di probabilità di ammalarsi di Parkinson rispetto ai non fumatori, probabilmente perchè la nicotina stimola il rilascio di dopamina, nota per i suoi effetti migliorativi sulla malattia.

Le fumatrici corrono meno rischi di contrarre un carcinoma dell’endometrio, a causa dell’effetto antiestrogenico; inoltre avrebbero meno probabilità di ammalarsi di lichen sclerosus vulvare rispetto alle non fumatrici.

Il fumo di sigaretta avrebbe un effetto protettivo sull’attività della colite ulcerativa, come dimostrato da dati epidemiologici nei quali si osservava come i malati di tale malattia tendevano ad essere, in percentuale significativa, non fumatori.

Anche il pioderma gangrenoso, ulcerazione cutanea non infettiva necrotizzante, talora associata con la colite ulcerosa e con molte altre malattie, ha risposto favorevolmente al trattamento con gomme da masticare contenenti nicotina.

Le ricorrenze di herpes simplex labialis sarebbero meno frequenti nei fumatori, i quali correrebbero  anche minor rischio di ipertrofia prostatica benigna rispetto ai non fumatori.

Sulle ulcerazioni aftose del cavo orale la nicotina eserciterebbe un effetto protettivo, come dimostrato, in alcuni lavori, dalla comparsa delle lesioni all’interruzione del fumo di sigaretta e dalla scomparsa alla ripresa di tale abitudine.

 Lo studio degli effetti protettivi del fumo di sigaretta non solo aiuta a capire meglio la patogenesi di determinate malattie ma può permettere di comprendere meglio i suoi effetti, sia nel bene sia nel male.

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La nicotina

La nicotina è l’alcaloide che genera la dipendenza da fumo di sigaretta, intendendo per dipendenza l’uso compulsivo di una sostanza psicoattiva, con conseguente danno per l’individuo.

L’assorbimento della nicotina dipende da pH del tabacco: quello biondo delle sigarette, acido, non favorisce l’assorbimento da parte della mucosa della bocca mentre quello da pipa o sigari, alcalino, permette un ottimo assorbimento buccale.

Superata la cavità orale la nicotina raggiunge gli alveoli polmonari dove viene rapidamente assorbita, permettendole di entrare nella circolazione e distribuirsi nei vari tessuti. Grazie agli elevati livelli arteriosi di nicotina, il cervello viene raggiunto in 10-20 secondi e altrettanto rapidamente vengono attivati i recettori colinergici nicotinici cerebrali che inducono sensazione di rilassamento, sollievo dall’ansia e dalla depressione, miglioramento del rendimento, della vigilanza e dell’umore, prontezza di risposta agli stimoli sensoriali. La nausea, il vomito, la vertigine che spesso accompagnano le prime esperienze di fumo rappresentano i classici effetti tossici della nicotina: la tolleranza però si sviluppa in poco tempo e pertanto tali disturbi vengono rapidamente superati, non presentandosi più in seguito.

I livelli arteriosi e cerebrali declinano rapidamente per cui il fumatore per mantenere le sensazioni “positive”, che sono in  relazione ai livelli plasmatici, adotta varie tecniche di fumo (variando il volume, il numero, l’intensità delle boccate, la profondità dell’inalazione) che gli consentono di raggiungere gli effetti desiderati.

Il consumo prolungato delle sigarette e la conseguente esposizione prolungata alla nicotina, porta ad un aumento del numero dei recettori cerebrali.

Tra una sigaretta e l’altra, i livelli di nicotina scendono permettendo ai recettori di essere pronti per nuovi stimoli. L’astensione dalla nicotina comporta nel fumatore abituale nervosismo, irritabilità, ansietà, minor capacità di concentrazione e di apprendimento, irrequietezza, alterazione del sonno.

La nicotina viene eliminata per via epatica e trasformata per l’80% in cotidina, usata in laboratorio come indicatore dell’assunzione di nicotina.

Oltre ai recettori colinergici nicotinici cerebrali, vi sono anche quelli neuromuscolari. Non sono tutti uguali in quanto differiscono per struttura e funzione e conseguentemente negli effetti che si esprimono attraverso la liberazione di neurotrasmettitori (acetilcolina, norepinefrina, dopamina, serotonina, betaendorfine).

Tolleranza

Con tolleranza si definisce quella situazione per cui dopo ripetute dosi di un farmaco vi è una riduzione dei suoi effetti, oppure minore effetto alle medesime concentrazioni plasmatiche.

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