PUNTURE DI INSETTO
Dott. Luciano Schiazza
Specialista in Dermatologia e Venereologia
Specialista in Leprologia e Dermatologia Tropicale
c/o InMedica - Centro Medico Polispecialistico
Largo XII Ottobre 62
16121 Genova
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Bisognerebbe innanzitutto distinguere tra punture vere e proprie quali quelle di api, vespe e calabroni, inquadrabili in un atto di difesa e le punture di zanzare, tafani, pulci, cimici, pidocchi che invece hanno lo scopo di procurarsi il cibo rappresentato dal nostro sangue.
API, VESPE, CALABRONI
Sono insetti che solitamente pungono quando vengono disturbati e quindi agiscono per difesa. L’ordine di elencazione è inversamente proporzionale alla gravità della loro puntura.
Api. (Ape mellifera)
Vivono dove vi sono fiori da impollinare, quindi in orti e giardini. La caratteristica che differenzia le api dalle vespe e dai calabroni è il pungiglione. Infatti è fatto in maniera tale per cui quando l’insetto punge e lo conficca nella pelle, non può più essere estratto. Essendo il pungiglione collegato all’ultimo tratto dell’intestino, per l’ape pungere e allontanarsi significa morire (nel giro di 2-3 giorni).
Pungono se vengono provocate e questo avviene solitamente (ovviamente riferendoci all’ape italiana) a pochi metri (1-2) di distanza dall’apiario.
Il veleno delle api viene descritto come un liquido acquoso, limpido, con un sapore amarognolo, di odore aromatico (simile a quello delle banane mature)
Vespe (vespa germanica - vespa comune - vespa cartonaia)
Si trovano dappertutto, orti e giardini, al mare e in montagna e sono riconoscibili per le bande gialle e nere . Vicine ai rifiuti, specialmente se si trovano sostanze zuccherine. Costruiscono i nidi sotto il terreno, in anfratti naturali o in luoghi riparati e disabitati. A differenza dell’ape, il pungiglione della vespa non è seghettato e quindi può essere estratto dall’insetto senza conseguenze dopo la puntura, permettendogli quindi di pungere più volte la vittima. Pungono se vengono disturbate.
Pericoloso se si viene punti in bocca: è per questo che bisogna stare attenti quando si beve una bibita in lattina, specie se lasciata incustodita all’aperto anche per pochi attimi. All’interno potrebbe essersi introdotta una vespa che all’atto del deglutire sarebbe introdotta in bocca con le conseguenze del caso.
Attenzione anche se ce la ritroviamo nell’abitacolo dell’automobile: fermiamoci con calma (niente “panic-stop”) e allontaniamo l’ospite indesiderato.
Calabroni (Vespa crabro)
I più grossi del gruppo (lunghi circa 35 mm .). Anch’essi prediligono i fiori. Attaccano solo per difesa di se stesso o del nido. Vivono preferibilmente nei sotto le tegole dei tetti, nei cassonetti delle tapparelle, nei tronchi cavi (attenzione agli ulivi), negli anfratti del terreno e dei muri o muraglioni oppure nei nidi degli uccelli; si nutrono di frutti succosi quali pesche, albicocche e prugne. Il pungiglione è lungo 3- 4 mm ., non è seghettato come quello dell’ape e quindi può essere estratto ad ogni puntura, potendo in tal caso iniettare grandi quantità di veleno in caso di più punture. Non affrontare mai un nido di propria iniziativa ma affidarsi ad esperti che provvederanno, con le dovute precauzioni di vestiario, alla sua distruzione alla sera.
La conseguenza più comune della puntura di questi imenotteri è l’arrossamento, il rigonfiamento (edema) (la chiazza arrossata di solito presenta una parte centrale bianca) e il dolore acuto, seguito da prurito. Per correre un rischio mortale, un individuo normale dovrebbe essere punto contemporaneamente più di 100 volte.
Ben più grave è la reazione allergica che può colpire soggetti ipersensibili. Infatti in questo caso anche una sola puntura può scatenare una reazione anafilattica mortale.
L’escalation sintomatologia porta a prurito, gonfiore del volto, palpebre, lingua, laringe, che possono comparire nell’arco di 10-20 minuti dalla puntura; tali sintomi sono premonitori di una possibile evoluzione grave che si manifesta con difficoltà a respirare, sudorazione, orticaria.
Una differenza sostanziale sulla possibilità di essere punti tra le api da una parte e le vespe ed i calabroni dall’altra risiede nel fatto che le prime difficilmente nidificano in alberi o nel terreno (e quindi lo fanno in luoghi ben conosciuti) diversamente dai secondi che possono quindi essere di incontro casuale e quindi inaspettato per se stessi e per gli insetti stessi, da cui la loro possibile aggressione.
Primo soccorso
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Rimuovere immediatamente il pungiglione (entro venti secondi dalla puntura) nel caso di puntura di ape (può essere visibile come un punto nero al centro della chiazza rossa con attaccata ad esso una microscopica sacca biancastra,la vescichetta del veleno): utilizzare una pinzetta (anche quella da sopracciglia va bene), oppure, in mancanza, le unghie, operando con un movimento secco e rapido. Dopo il tempo indicato l’intervento è di minor efficacia perché il veleno è già stato in parte liberato.
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Lavare con acqua e sapone per evitare una infezione secondaria.
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Applicare del freddo (cubetto di ghiaccio avvolto in un tessuto, acqua fredda o impacchi freddi).
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Non usare ammoniaca (può peggiorare la situazione).
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Non cercare di rimuovere il pungiglione cercando di spremere la pelle attorno.
Per ridurre il gonfiore ed il rossore può essere utile l’applicazione di una crema cortisonica.
In caso di punture plurime e di prurito significativo, si può affiancare la somministrazione di antistaminici per via sistemica.
In caso di punture su lingua o faringe, il rischio è la morte per asfissia per il rigonfiamento delle mucose: controllo medico rapidissimo e, in attesa, far succhiare al paziente un cubetto di ghiaccio o bere a sorsate bevanda fredda, per rallentare l’evoluzione del rigonfiamento.
Perché la dose di veleno iniettata sia mortale occorrono, per la maggior parte degli adulti, la contemporaneità di 100 punture (50 per un bambino).
Se però, in caso di una singola puntura:
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La reazione cutanea è estesa con gonfiore diffuso
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Il soggetto inizia a lamentare:
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raucedine,
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difficoltà a parlare,
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tosse insistente,
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difficoltà a respirare,
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senso di costrizione alla gola,
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nausea,
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vomito,
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collasso circolatorio (netto abbassamento della pressione del sangue).
ATTENZIONE!
In questo caso si tratta di reazione anafilattica e come tale necessita di intervento medico urgentissimo.
Per tali soggetti con ipersensibilità nota al veleno delle api e delle vespe, è opportuno avere sempre appresso un kit con autoiniettore di adrenalina oppure una fiala di cortisone intramuscolare.
Terapie popolari:
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Tagliare a metà uno spicchio d’aglio e sfregarlo sulle punture.
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Disciogliere un cucchiaio da minestra per litro d’acqua fredda di bicarbonato di sodio ed immergere la parte colpita.
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Applicare qualche fettina di cipolla fresca.
Prevenzione:
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Evitare di indossare indumenti colorati vivacemente (sono attratti dal giallo e dall’arancio). E’ preferibile indossare il bianco.
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Evitare profumi, dopobarba, creme o spray per capelli che con il loro odore possono richiamare gli insetti alla stregua di un fiore profumato.
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Usare sostanze ad azione repellente per gli insetti (sopra i tre anni di età)
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Indossare camicie con maniche lunghe e pantaloni lunghi, specie se si percorrono sentieri poco praticati o addirittura fuori sentiero.
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Disporre di insetticidi di facile ed efficace impiego.
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Non lasciare all’aria aperta resti di cibo o bevande (specialmente lattine di bibite aperte). Se per caso più insetti si raccolgono su un alimento, abbandonare il campo rapidamente, lasciando ovviamente il piatto incriminato.
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Non sostare, all’aperto, vicino a cibi o bevande molto dolci.
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Durante la stagione estiva, cautela quando si cucina o si mangia all’aperto
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Attenzione in campagna nel periodo di maturazione ai frutteti e durante la vendemmia.
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Attenzione ai campi di trifoglio.
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Non camminare a piedi nudi nei prati.
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Far rimuovere, però solo da personale esperto, i nidi di api, vespe e calabroni posizionati vicini a luoghi di lavoro o abitazioni.
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n caso di attacco di uno sciame di api o vespe porsi in riparo al chiuso oppure all’interno di un cespuglio o di un bosco (sperando che la vegetazione sia fitta) oppure buttarsi in acqua oppure, infine, in mancanza anche di ogni possibilità elencata, porsi distesi per terra cercando di coprire ogni area corporea.
ZANZARE
Ben conosciamo questi fastidiosi insetti che disturbano le nostre serate estive (Culex pipiens), stretti compagni dell’uomo del cui sangue (e di quello degli animali domestici) si nutre. Colonizza grandi specchi d’acqua stagnante (stagni, paludi, fossi, pozzanghere) e punge dal crepuscolo in poi.
Come evitare di essere punti:
innanzitutto occorre vestirsi in modo adeguato, con
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abiti di colore chiaro (bianco soprattutto),
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camicie a manica lunga,
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pantaloni lunghi.
E’ importante poi
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evitare di stare a lungo in luoghi aperti durante la sera e la notte (per i bambini sotto i sei mesi evitare gli ambienti esterni dopo il tramonto),
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utilizzare zanzariere soprattutto per i lettini, le carrozzelle ed i passeggini dei bambini,
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evitare che i bambini sudino eccessivamente (l’odore del sudore attira le zanzare),
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cambiare frequentemente il pannolino dei bambini (i rifiuti organici possono attrarre le zanzare),
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non usare profumi, lacche per capelli, deodoranti.
Si possono usare repellenti naturali quali gli estratti di citronella (mai quando ci si espone al sole perché è fotosensibilizzante) e di geranio. I repellenti chimici vanno usati con cautela nei bambini e comunque con percentuali limitate (per il DEET, percentuali non superiori al 10%) e possibilmente spruzzandolo sui vestiti e non sulla pelle.
Diverso è il caso della zanzara tigre (aedes albopictus), di origine asiatica e presente nel nostro paese dal 1990 (sembra trasportata sino a noi con il commercio di copertoni usati). Più piccola della zanzara comune, è di colore nero con striature bianche sulle zampe e sull’addome.
A differenza dalla zanzara comune, la zanzara tigre cerca piccole raccolte d’acqua come
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tombini stradali e privati sul cui fondo staziona dell’acqua,
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vasi e sottovasi di piante e fiori ripieni d’acqua,
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aiuole,
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depositi di auto e di pneumatici stoccati all’aperto (con possibile formazione di raccolte d’acqua),
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contenitori abbandonati (secchi, vasi, bidoni, lattine, barattoli),
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cavità negli alberi,
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fontane,
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vasche.
Le uova vengono deposte appena sopra la superficie dell’acqua stagnante e schiudono nel periodo primavera-estate. Hanno una grande resistenza: infatti quelle deposte durante la fine dell’estate riescono a superare indenni l’inverno.
La femmina adulta vive nella bassa vegetazione e punge durante il giorno, all’altezza delle gambe, facendo pochi metri dal focolaio.
La sua puntura non è pericolosa in Italia ( in Asia invece è veicolo di alcune malattie virali quali la dengue, la febbre gialla e alcune encefaliti) ma è fastidiosa per l’intensità del prurito e della reazione locale. Il mattino presto e al tramonto (le ore più fresche della giornata) sono i momenti della giornata in cui essa agisce, diversamente dalla zanzara comune che punge dopo il tramonto e durante tutta la notte.
Quali misure di prevenzione ambientale adottare?
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sottovasi: svuotare (nel terreno e non nei tombini) e cambiare l’acqua una volta al giorno,
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secchi, ecc.: svuotare l’acqua presente sempre nel terreno e non nei tombini,
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nel periodo aprile-ottobre, versare nei tombini di raccolta dell’acqua un adatto insetticida,
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mantenere libere le grondaie,
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coprire le vasche ed i bidoni con telo di plastica od una zanzariera,
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introdurre pesci rossi nelle vasche dei giardini (si nutrono delle larve),
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evitare la formazione di piccole raccolte d’acqua nei piccoli contenitori e nei copertoni.
Nei cimiteri:
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svuotare ogni settimana nel terreno (non nei tombini) i sottovasi,
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riempire di sabbia, fino all’orlo, i vasi contenenti fiori finti.
Per quanto riguarda il trattamento della puntura della zanzara, di sicura efficacia sono le creme cortisoniche, usate sempre sotto prescrizione e controllo del medico.
ZECCHE
La zecca è un acaro che si sviluppa soprattutto con il clima caldo e umido. Le zecche pungono e si attaccano alla pelle (grazie al rostro -ipostoma-) per succhiare il nostro sangue di cui si nutrono. Questo può avvenire in ogni stagione dell’anno, ma le zecche sono più attive nei periodi più caldi. Ecco perché il problema riguarda soprattutto i bambini che frequentano campeggi estivi in zone ricche di prati.
Si deve comunque considerare che:
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perché la zecca possa provocare dei danni è necessario che resti attaccata alla pelle almeno 36-48 ore. Al di sotto questo periodo di tempo le probabilità di infezione sono molto basse.
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anche quando resta attaccata a lungo le infezioni sono comunque ancora piuttosto rare.
Puntura di zecca non significa quindi automaticamente infezione o malattia.
Tra le malattie che possono essere trasmesse all’uomo ricordiamo le rickettsiosi (tra queste la febbre bottonosa del Mediterraneo) e la borreliosi di Lyme.
Quest’ultima è una malattia che si sviluppa in modo lento, nel corso di settimane, e quindi si ha la possibilità di intervenire per tempo senza che si propaghi fino a provocare danni a varie parti del corpo. Il segno iniziale che va riconosciuto è l’eritema. La zona cutanea colpita dalla zecca diventa progressivamente rossastra: è quello che viene definito eritema migrante in quanto caratteristicamente si allarga e prende la forma di un anello perché spesso si schiarisce al centro.
L’unica cosa che quindi deve fare il genitore è controllare giornalmente, per 30-40 giorni, la pelle in cui si era attaccata la zecca. Se compare un qualsiasi eritema bisogna rivolgersi subito al medico, il quale potrà prescrivere le cure appropriate che consistono in antibiotici per almeno 3-4 settimane. Qualora nel periodo di osservazione dei primi 30-40 giorni fosse necessario praticare terapie antibiotiche per altri motivi, il genitore dovrà ricordare al proprio medico dell’avvenuta puntura di zecca, perché si possano nel caso usare gli antibiotici efficaci anche contro la Malattia di Lyme, somministrati nei tempi adeguati. Se non riconosciuta e curata in tempo la Malattia di Lyme si può propagare anche ad altri organi quali cervello e nervi, occhi, cuore, articolazioni. In questo caso le terapie sono più impegnative e non sempre efficaci al 100%.
La più rischiosa è la zecca dei boschi che vive nell’erba e nei cespugli, prevalentemente in zone collinose. Di colore scuro, piccola (da 2 a 8 mm), resistente nell’ambiente in cui vive, è difficile a volte da vedere a occhio nudo.
Quali sono le zone maggiormente a rischio per la possibilità di essere punti da una zecca?
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gli ambienti boschivi cedui ad altitudini non troppo elevate,
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soprattutto nelle zone umide e ombreggiate,
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dove vi sono cespugli, vegetazione bassa, abbondante sottobosco, i prati incolti, le zone di confine tra prato e bosco, i sentieri poco battuti,
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soprattutto nel periodo primavera-autunno.
Tuttavia se gli inverni sono miti, nei climi temperati e caldi l’attività delle zecche può estendersi talvolta a tutto l’anno. Poiché le zecche non volano e non saltano, esse si appostano all’estremità delle piante, pronte a cogliere il passaggio dell’animale o dell’uomo che riconoscono dal calore emesso dal corpo.
Poiché la puntura della zecca non provoca né dolore (quando punge emette una sostanza con caratteristiche anestetiche) né prurito, spesso passa inosservata per cui solo al momento in cui ci si spoglia o si fa il bagno o la doccia ci si accorge della sua presenza.
Come comportarsi dovendosi affrontare una zona a rischio zecche, anche per una semplice gita nei boschi?
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usare repellenti idonei (applicati sui vestiti ogni 3-4 ore, se a base di permetrina anche sulla pelle e comunque su suggerimento del medico),
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indossare indumenti chiari che rendono evidente la presenza di zecche,
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camicie con maniche lunghe,
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calzoni lunghi stretti alle caviglie e infilati nelle calze, scarpe chiuse e alte sulle caviglie,
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tenere raccolti i capelli se sono lunghi e camminare al centro dei sentieri,
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evitare di sostare tra la vegetazione alta o tra gli arbusti del sottobosco e di venirne a contatto.
Dovendo sostare in aree a rischio:
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controllare ogni 3-4 ore gli indumenti e le zone scoperte.
Al ritorno:
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spazzolare gli indumenti prima di entrare in casa,
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lavare i vestiti ad alta temperatura,
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controllare la pelle prima di una doccia (facendosi aiutare da un’altra persona per le zone difficilmente ispezionabili), non escludendo il cuoio capelluto, le ascelle, l’inguine in modo da scoprire l’eventuale presenza indesiderata di una zecca, così da eliminarla entro le 36-48 ore dal contatto (ciò riduce la possibilità di essere contagiati).
Per rimuovere la zecca:
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indossare dei guanti o proteggere le mani con un fazzoletto e usare gli occhiali (per eventuali schizzi),
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utilizzare una pinzetta,
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afferrare la zecca saldamente (senza schiacciarla perché l’eventuale rigurgito favorirebbe la trasmissione di agenti patogeni) nella zona immediatamente a contatto con la pelle,
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tirarla con decisione ma con altrettanta delicatezza, lentamente e costantemente con un movimento di rotazione per evitare di romperla.
Nel caso il cui il rostro rimanga nella pelle:
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estrarlo prontamente,
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utilizzare un ago sterile, nella stessa maniera in cui rimuoveremmo una scheggia,
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disinfettare la parte colpita,
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verificare lo stato di vaccinazione contro il tetano,
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annotare sul calendario il giorno in cui è avvenuta l’estrazione.
E cosa non fare?
Contrariamente a quello che si consigliava una volta, la zecca
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non va uccisa con gocce di olio o con altre sostanze in quanto questa procedura provoca vomito e quindi reflusso di sangue dalla zecca dentro il nostro corpo.
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non deve essere bruciata con sigarette, aghi arroventati ecc.,
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non va tolta con le dita per il rischio di contagio per l’operatore. Solo una volta estratta la si deve bruciare prima di gettarla.
E’ bene rivolgersi quanto prima al medico per avere i corretti suggerimenti per quanto riguarda il controllo del periodo successivo alla puntura (30-40 giorni)(attenzione se compare la febbre ed un arrossamento che tende ad allargarsi nella zona di puntura) e sulla necessità o meno di eventuale terapia. La terapia antibiotica è sonsigliata nel periodo di osservazione, per non mascherare eventuali segni di malattia; nel caso in cui, per vari motivi (non ultimo il contatto prolungato, dimostrato, con la zecca), venga prescritta, debbono essere utilizzati farmaci efficaci sia sulle rickettsiosi sia sulle borreliosi secondo le linee guida correnti.
La prevenzione ambientale in zone residenziali si effettua
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rimuovendo le foglie secche, le sterpaglie e le cataste di legna attorno alle case,
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potando gli alberi e le siepi
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tenendo puliti i prati ed i sentieri.
TAFANI
Sono molto diffusi e attivi nelle giornate calde, soleggiare e non ventose. La femmina pungendo succhia da20 a 200 microgrammi di sangue. A seguito della puntura si crea un papula, pruriginosa. Utile l’uso di topico cortisonico.
CIMICI
Le cimici sono un ordine di insetti piuttosto ricco di specie. Hanno un corpo appiattito. Quelle fastidiose per l'uomo sono facilmente attratte da letti o materassi sudici e la loro presenza deve essere sospettata se si ritrovano escrementi o si apprezza il loro caratteristico odore.
Il parassita esce dal suo nascondiglio nell’oscurità e si dirige verso la vittima attratto da temperature attorno ai 35°: per tale motivo è attratto dall’uomo. Le sue punture, piccole e fastidiose, si notano al mattino in quanto non sono dolorose, con una classica disposizione in fila; si localizzano preferibilmente al volto, al collo, alle mani ed agli arti superiori.
La terapia si bassa sull’uso di cortisonici topici.
PULCI
La pulce con cui l’uomo viene più diffusamente a contatto è la pulce del gatto (Ctenocephalides felis felis) che vive non solo sul gatto ma anche sui cani avendo sostituito quella originariamente tipica del cane (Ctenocephalides canis) Meno frequenti la pulce dell’uomo (Pulex irritans) e la pulce del pollame (Echidenofaga gallinacea). Prive di ali, sono attratte dal calore del corpo di qualsiasi animale a sangue caldo (uomo compreso), che può fungere da trasportatore sino al raggiungimento dell’ospite specifico dove si moltiplicano. Molto agili, si muovono velocemente e spessissimo sfuggono alla presa.
Per capire la capacità di infestazione di cui sono capaci, occorre conoscere brevemente il loro ciclo vitale. La pulce femmina, presente sul mantello del gatto o del cane, dopo essersi sufficientemente nutrita del sangue dell’ospite, si accoppia e comincia a deporre le uova (fino a 46 al giorno), costantemente sino alla propria morte (in media vivono 2 settimane). Le uova poi cadono dal mantello dell’ospite nell’ambiente circostante (con predilezione per le zone ombreggiate e umide) dove si sviluppano. In casa o nel giardino pertanto si potrà creare una infestazione massiccia senza rendersene conto. Un dato può chiarire meglio quest’ultima affermazione: le forme adulte presenti sul cane o sul gatto sono il 5% rispetto alla carica totale, il 95% è rappresentata dalle forme immature presenti nell’ambiente.
Le pulci possono:
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causare irritazione cutanea nella sede di puntura.
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Fungere da vettore di malattia.
Da non dimenticare la peste bubbonica (di manzoniana memoria) e il tifo murino che sono trasmesse dalla pulce del ratto (Xenopsylla cheopsis).
Le sedi più colpite sono quelle non coperte dagli indumenti: si possono osservare piccole lesioni eritemato-papulose disposte in maniera lineare, come una traccia del cammino percorso dalla pulce sulla pelle.
Per il controllo delle pulci, delle uova e delle larve occorre seguire precise norme nella casa dove viviamo con i nostri gatti o cani,
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usando frequentemente l’aspirapolvere sui tappeti, sulle coperte e sui mobili imbottiti (divani, poltrone, cuscini, letti ecc.) (eliminando subito dopo il sacchetto),
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lavando accuratamente i pavimenti ed il giaciglio dell’animale, non dimenticando le zone adiacenti alla casa dove transita più frequentemente l’animale, specialmente le zone in ombra (porticati, tettoie, crepe, fessure, all’ombra di alberi e cespugli), dove il terreno umido rappresenta l’habitat ideale per lo sviluppo delle pulci e nei luoghi dove di solito si riposa l’animale quando è all’aperto. Validi anche gli apparecchi a vapore per il lavaggio delle superfici.
Le pulci, oltre che nelle abitazioni, si trovano nelle tane dei mammiferi, nei nidi degli uccelli, nelle case disabitate, nelle screpolature dei vecchi edifici, nei granai, nei tronchi d’albero, nelle piccionaie, nei pollai, nei magazzini.
PROCESSIONARIE
La processionaria che può causare problemi all’uomo è la fase larvale di una farfalla notturna.
Deve il suo nome al modo di disporsi dei bruchi durante il loro cammino fuori dal nido. Infatti a inizio primavera lungo i tronchi dei pini e delle querce o sul terreno possiamo osservare vere e proprie “processioni”: nella processionaria del pino le larve si dispongono una dietro l’altra, nella processionaria della quercia subito dopo la larva capofila, le larve si dispongono in due, poi in tre, poi in quattro sino a quindici-venti per poi riassottigliarsi nuovamente ad un solo individuo.
Il contatto con la processionaria, in particolare con i suoi peli uncinati urticanti (possono essere anche trasportati dal vento) può causare, una fastidiosa dermatite (detta erucismo o caterpillar dermatitis) con papule arrossate pruriginose. Più gravi conseguenze si hanno quando il contatto avviene con l’occhio, la mucosa nasale, la bocca o con le vie respiratorie e digestive.
Nel caso in cui si venga contaminati sarebbe opportuno:
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togliere gli indumenti,
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fare una doccia,
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lavare i vestiti a 60°C.
La terapia può limitarsi all’applicazione di cubetti di ghiaccio ma l’applicazione di creme cortisoniche (sotto prescrizione medica) è sicuramente più efficace.