GRAVIDANZA E CUTE
Dott. Luciano Schiazza
Specialista in Dermatologia e Venereologia
Specialista in Leprologia e Dermatologia Tropicale
c/o InMedica - Centro Medico Polispecialistico
Largo XII Ottobre 62
16121 Genova
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Durante la gravidanza l’organismo femminile va incontro a profonde variazioni immunologiche, metaboliche, endocrine e vascolari che possono influenzare la cute, i peli e le unghie. Alcune modificazioni rientrano nell’ambito fisiologico, altre sono relative a dermatosi preesistenti, altre ancora riguardano invece dermatosi che si manifestano esclusivamente durante il periodo gravidico.
Modificazioni fisiologiche
Queste sono conseguenza delle variazioni ormonali proprie della gravidanza al punto da essere definite “ modificazioni cutanee fisiologiche” oppure “ modificazioni cutanee di origine endocrina”.
Fanno parte di quell’insieme di cambiamenti a cui va incontro l’organismo femminile durante quella condizione fisiologica che è la gravidanza, nel corso della quale vi è l’adeguamento dei vari organi a nuove funzioni, temporalmente legate alla gestazione. Nel caso della cute, si tratta di variazioni nell’aspetto esterno, con le ovvie implicazioni estetiche.
Tali modificazioni avvengono a livello di:
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pigmentazione
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unghie
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onicolisi distale
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grooving trasversale
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fragilità (brittleness)
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tessuto connettivo
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apparato vascolare
Modifiche a carico della pigmentazione
Iperpigmentazione
L’iperpigmentazione è comunissima in gravidanza, riscontrabile sino nel 90% delle donne, particolarmente se di fototipo scuro. Pur non essendo perfettamente chiaro il meccanismo patogenetico di tale disturbo, si ritiene che possa essere in relazione ad un aumento dei livelli di ormone stimolante il melanocita (MSH), di estrogeni e di progesterone, in quanto forti stimolanti della melanogenesi. Recenti studi hanno dimostrato che la placenta è ricca di molecole attive nell’indurre pigmentazione quali i lipidi umani placentari che stimolano i melanociti attraverso una azione sull’attività tirosinasica.
Una iperpigmentazione generalizzata si osserva di solito nelle zone già normalmente pigmentate quali le areole mammarie, la cute genitale, le ascelle, la parte interna delle cosce, la cute periombelicale presumibilmente per l’elevato numero di melanociti presenti in tali zone o per una loro particolare sensibilità allo stimolo ormonale.
Per quanto riguarda la pigmentazione delle areole mammarie e dei capezzoli, l’iscurimento che avviene in gravidanza deve essere differenziato da un’altra variazione che avviene, seppur raramente, in gravidanza: l’ipercheratosi nevoide.
Un’altra tipica iperpigmentazione si manifesta sulla linea mediana della parete addominale che corre dalla sinfisi pubica all’ombelico, la linea alba, talvolta estendendosi attorno all’ombelico e su sino alla apofisi xifoidea dello sterno: si evidenzia nel corso del primo trimestre di gravidanza, specialmente in soggetti con fototipo scuro, ed assume la denominazione di linea nigra. Si ritiene sia da porsi in relazione ad un aumento locale dei melanociti. Tende a persistere dopo il parto sino al recupero del normale tono della parete addominale.
Anche i nevi, le efelidi e le cicatrici, specie se comparse poco prima o durante la gravidanza, possono scurirsi. Per quanto riguarda i nevi, si è notata
L’iperpigmentazione inizia nel primo periodo di gravidanza, aumenta progressivamente nel corso della gestazione per tendere a ridursi nel periodo successivo al parto. Questo in generale poiché può avvenire che l’iperpigmentazione, pur riducendosi, non scompaia del tutto.
Melasma
Il melasma, detto anche cloasma, è comune in gravidanza (sino al 70% delle gravide) al punto di essere definito anche “maschera della gravidanza”.
E’ una iperpigmetazione del viso, simmetrica, costituita da chiazze a margini irregolari, netti, di colorito marrone più o meno scuro, più comune nei soggetti con fototipo scuro, e quindi con cute, capelli e peli bruni; si accentua all’esposizione solare.
Si riconoscono tre quadri clinici:
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centro-facciale (il più comune, 63%), che interessa le guance, la fronte, il labbro superiore, il naso e il mento.
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malare (21%), limitato alle guance ed al naso
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mandibolare (16%) che si apprezza sui rami della mandibola.
Nel melasma l’eccessiva deposizione di melanina può avvenire:
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nell’epidermide (70% dei casi), negli strati basali e soprabasali
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nel derma, superficiale e profondo (10-15% sei casi), a livello dei macrofagi, che inglobano al loro interno granuli di melanina.
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a livello dermo-epidermico (20%), per la presenza di entrambe le localizzazioni.
L’esame con la luce di Wood può essere di aiuto nel differenziare le due localizzazioni in quanto:
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se di tipo epidermico accentua la pigmentazione, aumentandone il contrasto con la pelle sana,
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se solamente di tipo dermico lascia invariata la pigmentazione, eliminando praticamente il contrasto tra cute iperpigmentata e pelle perilisionale.
Potremo così distinguere quattro tipi differenti di melasma:
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il tipo epidermico (70% circa). Istologicamente è caratterizzato da un aumento del numero dei melanociti e da una incrementata deposizione di melanina nei melanociti basali e soprabasali. Risponde più rapidamente ai depigmentanti rispetto agli altri tipi.
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il tipo dermico (10% circa). Istologicamente sono presenti numerosi melanofagi sia nel derma superficiale sia in quello profondo. Questo tipo risponde scarsamente ai depigmentanti.
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il tipo misto (20% circa). L’esame con la luce di Wood determinerà l’accentuazione della pigmentazione in chiazze (componente epidermica).
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il tipo indeterminato (2% circa) che non può essere catalogato sulla base dell’indagine con la luce di Wood: è presente in soggetti con pelle molto scura.
Riguardo all’etiologia del melasma in gravidanza, si ritiene essa sia di tipo multifattoriale e dipenda dagli aumentati livelli di estrogeni e progesterone, dalla predisposizione genetica e dall’esposizione ai raggi solari (UV e visibile). Quest’ultima ne rappresenta peraltro fattore di aggravamento e motivo di persistenza dopo il parto.
Tale anomalia pigmentaria tende a ripresentarsi nelle successive gravidanze e a seguito dell’uso di contraccettivi orali.
Dal punto di vista terapeutico è fondamentale l’uso di schermo fotoprotettivo totale sia nel corso della gravidanza sia durante i trattamenti schiarenti successivi al parto, per proteggere i melanociti dalla stimolazione luminosa; il risultato è più agevole nel tipo epidermico, più difficile nel tipo dermico.
Modifiche a carico dei peli
Irsutismo
Un certo grado di irsutismo si può osservare nella donna gravida, specialmente al viso, al tronco ed agli arti. Si tratta comunemente di donne predisposte geneticamente sui cui peli influiscono le modificazioni endocrine proprie della gravidanza (secrezione di androgeni placentari ed ovarici, maggiore produzione di ACTH e di steroidi surrenalici). La regressione avviene nell’arco dei sei mesi successivi al parto.
La comparsa di un irsutismo vero con disposizione mascolina dei peli deve far sospettare una causa favorente quali tumori androgeno-secernenti dell’ovaio, di luteomi, di cisti luteiniche o di ovaio policistico.
Telogen effluvium post-partum
Durante la gravidanza, il sistema endocrino influenza l’attività ciclica dei follicoli piliferi determinando un prolungamento della fase anagen (fase di crescita del capello). Per comprendere questa variazione occorre ricordare come i follicoli piliferi presentino numerosi recettori per gli estrogeni (tipo β); la produzione di estrogeni da parte della placenta e delle ovaie in gravidanza aumenta gradualmente da secondo mese sino al termine. Una maggior quantità di estrogeni si lega quindi ai recettori follicolari, con la conseguente modificazione di mantenere i follicoli nella fase anagen. Nel primo trimestre di gravidanza la percentuale di capelli in anagen è dell’85%, raggiungendo nel secondo e terzo trimestre valori prossimi al 95%, valore che si mantiene sino alla settimana successiva al parto. Durante la gravidanza pertanto i capelli migliorano significativamente apparendo folti, lucidi e belli.
La caduta improvvisa degli estrogeni dopo il parto determina un drammatico passaggio dei capelli in anagen protratto alla fase telogenica, con conseguente loro caduta (telogen effluvium). Questa inizia generalmente 4-20 settimane dopo il parto e si protrae in media per 1-5 mesi (ma può persistere anche 15 mesi). Nei mesi successivi, gradualmente, vi è un ritorno alla normalità, ma non sempre la qualità e la distribuzione dei capelli ricalcano la situazione precedente la gravidanza, potendo permanere un diffuso diradamento.
Oltre alle improvvise modificazioni ormonali che seguono il parto, possono contribuire all’intensa caduta anche il suo trauma fisico ed emozionale del parto stesso.
Alopecia di aspetto androgenico
Durante la gravidanza, raramente, alcune donne possono manifestare, negli ultimi mesi della gravidanza, una lieve recessione frontoparietale con i caratteri dell’alopecia androgenica: tale quadro clinico sarebbe espressione di un effluvium particolarmente intenso. Si risolve comunque più o meno completamente dopo il parto.
Modifiche a carico delle unghie
Anche le unghie possono essere soggette a modificazioni nel corso della gravidanza senza che vi sia una giustificazione patogenetica chiara al riguardo.
Così si possono osservare:
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ipercheratosi subungueale
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onicolisi distale
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solchi trasversali
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fragilità
Le unghie tendono a crescere più intensamente in gravidanza, per rientrare nella norma nel post-partum.
Modifiche a carico degli organi ghiandolari
Ghiandole eccrine
L’attività delle ghiandole eccrine progressivamente aumenta nel corso della gravidanza, sino alla fine del terzo trimestre.
Ciò è conseguenza delle modificazioni che la ghiandola surrenale ed il sistema nervoso autonomo assumono nel periodo gravidico, come pure dell’aumentata attività tiroidea.
Ne deriva un aumento della sudorazione eccetto per la regione palmare dove invece risulta diminuita, a seguito dell’aumentata attività surrenalica sopracorticale.
Frequenti saranno pertanto la miliaria, l’iperidrosi, l’eczema disidrosico specie nella seconda metà della gravidanza.
Ghiandole apocrine
L’attività delle ghiandole apocrine è nettamente ridotta in gravidanza, con miglioramento clinico di preesistente malattia di Fox-Fordice e dell’ idroadenite suppurativa; nel postpartum tuttavia vi è una loro ripresa.
Ghiandole sebacee
L’ipertrofia delle ghiandole sebacee dell’areola mammaria è uno dei primi segni della gravidanza: assumono l’aspetto di piccole papule rilevate marroni ed assumono il nome di “tubercoli del Montgomery”. Regrediscono nel post-partum.
L’attività sebacea aumenta nella seconda metà della gravidanza, con picco durante il terzo trimestre quando la cute risulta particolarmente “grassa”, specie al viso.
L’acne rientra tra quelle manifestazioni cutanee che possono esordire durante la gravidanza, oppure, se già preesistente, peggiorare o migliorare.
Gli aumentati livelli circolanti di estrogeni sarebbero la componente stimolatoria delle ghiandole sebacee.
Modifiche a carico del tessuto connettivo
Striae distensae
Sono le cosiddette smagliature (altrimenti definite striae gravidarum); si osservano fino al 90% delle donne gravide di razza bianca, durante il sesto-settimo mese di gravidanza, diversamente da quanto accade per le donne asiatiche o afro-americane che più difficilmente ne sono affette.
La cute addominale è la localizzazione preferenziale, seguita da seno, cosce e fianchi. Si manifestano sotto forma di lesioni lineari o fusiformi, d’aspetto atrofico, ricoperte da una cute sottile liscia o lievemente pieghettata, talvolta depressa. La lunghezza varia da mezzo a più centimetri, mentre la larghezza è compresa tra qualche millimetro ed 1-2 centimetri . All’inizio il colore è rosso o leggermente violaceo-purpureo. Talvolta si associa sintomatologia pruriginosa.
Si ritiene che al loro sviluppo concorra una predisposizione genetica e che un ruolo significativo sia svolto da fattori ormonali (ormoni corticosurrenali, estrogeni, relaxina) e fisici (lo stiramento secondario all’aumento della circonferenza addominale, l’aumento del peso).
In particolare il cortisolo agirebbe sulla sintesi delle fibre collagene (riducendo la sintesi proteica dei fibroblasti e riducendo l’attività della proliloxidasi dei fibroblasti) e sulla loro degradazione (azione sulla collagenasi).
Nel post-partum le lesioni tendono ad impallidire divenendo meno apparenti, senza tuttavia scomparire del tutto.
I trattamenti locali preventivi o quelli effettuati sulle lesioni già stabilizzate, spesso si dimostrano di limitata efficacia.
Molluscum fibrosum gravidarum
Si apprezza sotto forma di piccole lesioni peduncolate ai lati del collo, nelle ascelle, nella regione inframammaria, all’inguine di alcune donne gravide. Sono simili a quelli che si osservano comunemente nelle persone normali od obese.
Compaiono solitamente nella seconda metà della gravidanza.
Regrediscono spesso dopo il parto ma talora persistono ingrandendosi nelle successive gravidanze.
Non sono di natura infettiva e nella loro genesi influiscono alcuni fattori di crescita ormonali propri dell’equilibrio endocrinologico della gravidanza.
Modifiche a carico dell’apparato vascolare
Angiomi stellari
Si tratta di piccole arteriole che clinicamente appaiono come fini vasi superficiali disposti radialmente ad un punto centrale pulsatile di colore rosso intenso.
Compaiono alla fine del primo trimestre, nel 67% delle donne di razza bianca, nel 10% delle donne di razza nera.
Le aree più comunemente affette sono quelle drenate dalla vena cava superiore, in particolare viso, collo, torace e arti superiori.
Tendono ad aumentare di dimensioni e numero durante la gravidanza, per regredire completamente nei tre mesi successivi al parto. Nel 10% dei casi però persistono.
Eritema palmare
Può essere sia localizzato alle eminenze tenar e ipotenar, sia diffuso alla regione palmare.
Compare nella prima metà della gravidanza per scomparire nella settimana successiva al parto.
Spesso si associa agli angiomi stellari, suggerendo come fattore etiologico comune gli alti livelli circolanti di estrogeni.
Deve essere differenziato dall’eruzione cutanea del lupus eritematoso sistemico che interessa le dita e la regione pericuticolare, dall’eritema palmare associato all’ipertiroidismo ed alla cirrosi epatica.
Varicosità
Sono frequenti durante la gravidanza, in una percentuale di quaranta donne su cento, con particolare riguardo al retto (emorroidi) ed alle gambe.
Sono conseguenza dell’aumentata pressione intraaddominale indotta dall’ingrossamento dell’utero gravidico (che si esprime in un aumento della pressione venosa dei vasi femorali e pelvici) e dalle modificazioni ormonali che aumentano la fragilità del tessuto elastico.
A questi si aggiungono fattori aggravanti quali la prolungata posizione seduta o eretta.
Talvolta (meno del 10% delle gravide) le varici si complicano con trombosi. Spesso invece le varici regrediscono dopo la gravidanza.
Instabilità vasomotoria
E’ comune in gravidanza manifestandosi con:
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alternanza di rossore congestizio e pallore al viso,
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sensazioni di caldo o freddo,
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cutis marmorata degli arti inferiori, a seguito dell’esposizione al freddo. Solitamente di risolve dopo il parto; se persiste, dovrà essere presa in considerazione la livedo reticularis, con le dovute ricerche etiopatogenetiche (collagenopatie, malattie neoplastiche, le discrasie ematiche),
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attenuazione di preesistente fenomeno di Raynaud,
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dermografismo, relativamente frequente al termine della gravidanza.
Iperemia gengivale
Praticamente tutte le donne gravide (80%) la mostrano, con vario grado di intensità. Si sviluppa nel terzo trimestre di gravidanza per risolversi dopo il parto.
Le gengive tendono ad aumentare progressivamente di volume dal secondo all’ottavo mese.
Un terzo delle donne gravide può sviluppare un granuloma gravidarum, detto anche epulide della gravidanza o granuloma piogenico della gravidanza. Si tratta di un emangioma capillare che origina da piccoli vasi gengivali proliferanti: può sanguinare profusamente o ulcerarsi a seguito di un trauma.
Più frequente nel secondo trimestre, ha l’aspetto di una lesione papulo-nodulare color rosso fragola, friabile, peduncolata o sessile che appare rilevata sulla mucosa gengivale.
Nella patogenesi di tale situazione clinica possono concorrere variazioni ormonali, cattiva igiene orale ed infezioni dentarie preesistenti.
Modificazioni a carico delle mucose
Gengivite
Dette anche gengivite marginale o ipertrofia papillomatosa delle gengive. Si ritiene che tale problematica sia da imputarsi più a fattori irritanti locali e ad una preesistente malattia periodontale più che ad una condizione indotta dalla gravidanza.
Segno di Jacquemier-Chadwick
Si riferisce all’eritema a cui vanno incontro il vestibolo e la vagina a seguito della distensione dei vasi nella fase precoce di gravidanza. E’ un carattere diagnostico della gravidanza.
Segno di Goodell
L’aumentata vascolarizzazione della cervice ne determina una colorazione bluastra.
Aspetti immunologici della gravidanza
La gravidanza rappresenta una situazione in cui si crea un nuovo equilibrio immunologico nell’organismo materno che le permette di tollerare il tessuto fetale pur se geneticamente differente. Si crea cioè una omeostasi che impedisce il rigetto acuto del feto.
La normale gravidanza è caratterizzata infatti
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dalla mancanza di una forte attività cellulo-mediata materna,
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dalla carente produzione di citochine da parte dei linfociti T-helper 1 (Th1) (es. IL-12, interferone gamma),
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da una predominante risposta umorale e produzione di citochine da parte dei linfociti T-helper 2 (Th2) (es. IL-4 che induce la sintesi di IgE da parte dei B linfociti, IL-10 che deprime le reazioni della immunità ritardata).
Questo differente equilibrio dell’immunità Th1/Th2 a favore dei linfociti T helper 2 giustifica
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la remissione durante la gravidanza di malattie autoimmuni in cui è significativa la produzione di citochine di origine Th1 (es. artrite reumatoide, sclerosi multipla) e il loro peggioramento nel post-partum,
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il peggioramento in gravidanza di patologie sostenute dai Th2 come il lupus eritematoso sistemico.
Anche la dermatite atopica, considerata una patologia a predominanza funzionale dei linfociti T helper 2, non sfugge alla regola e i soggetti atopici presentano una esacerbazione della malattia nel corso della gravidanza.
Dermatosi della gravidanza
In tale definizione vengono incluse sia quelle patologie che si manifestano solamente durante la gravidanza sia quelle che derivano direttamente dallo stato di gestazione o dai prodotti del concepimento (dermatosi specifiche della gravidanza) (Tab.1).
Tabella 1. Dermatosi della gravidanza |
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Patologie che si manifestano solo in gravidanza
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Dermatosi specifiche della gravidanza
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Ultimamente una ulteriore classificazione delle dermatosi specifiche della gravidanza introdurrebbe una nuova entità, l’eruzione atopica della gravidanza (atopic eruption of pregnancy) (AEP).
Sotto questa denominazione verrebbero incluse la PP e la PFP sia per l’esordio precoce sia per la clinica. Nell’AEP si riscontrerebbero solo un 20% di pazienti che presentano una esacerbazione di una dermatite atopica mentre per l’80% si tratterebbe di pazienti che per la prima volta hanno manifestazioni cutanee riconducibili ad essa. Gli aspetti immunologici propri della gravidanza, giustificherebbero la manifestazioni dell’AEP.
Colestasi intraepatica della gravidanza
Definita anche prurito gravidico, già nei sinonimi esprime i suoi caratteri salienti: la patologia epatica (la colestasi) e la sintomatologia pressochè unica (il prurito).
Con una incidenza dello 0,02-2.4% delle gravidanze, esordisce nel 70% dei casi tardivamente (terzo trimestre) e più frequentemente nella seconda o terza gravidanza.
Il prurito inizia all’addome o alle mani ed ai piedi, dopodichè rapidamente si generalizza. Non sono evidenti lesioni primarie cutanee ma solo quelle secondarie al grattamento.
Solo nelle forme più gravi è presente un ittero cutaneo-mucoso più o meno intenso, con sintomi digestivi (anoressia, nausea, vomito) e alterazioni degli indicatori della funzionalità epatica.
Normalmente gli unici valori alterati si riferiscono ai livelli sierici degli acidi biliari, i cui valori sono correlati alla gravità del prurito. La biopsia cutanea non è assolutamente specifica, come pure quella epatica che rivela solo alterazioni di lieve colestasi, correlandosi quindi all’affermazione secondo la quale “la colestasi è clinicamente significativa, biochimicamente moderata, istologicamente minima”.
La colestasi può indurre un malassorbimento dei grassi tale da indurre, nei casi gravi, perdita di peso e deficit di vitamina K.
Tale quadro tende a risolversi rapidamente nel post-partum, con possibilità di recidivare nelle successive gravidanze (40-50% delle pazienti) o a seguito dell’assunzione di anticoncezionali orali.
All’origine dell’affezione vi sarebbe una predisposizione genetica (esistono casi familiari) per cui livelli anche fisiologici di estrogeni e progestinici influirebbero negativamente sulla funzione secretoria della bile intraepatica (gli estrogeni interferiscono con la diffusione dei fluidi attraverso la membrana canalicolare dell’epatocita, i progestinici inibiscono la glucuroniltransferasi epatica, riducendo così la clearance degli estrogeni, dei quali saranno amplificati gli effetti).
Nel concetto di predisposizione si inserirebbe anche una tendenza di alcune donne ad avere un alterato metabolismo epatico degli estrogeni, con conseguente riduzione sia del volume biliare sia della sua escrezione.
Benigna per la madre, ad esclusione di un possibile aumento di frequenza della litiasi biliare e dei rischi connessi ad una deficienza di vitamina K (emorragia uterina e intracranica), per il feto i rischi variano dalla prematurità del parto, al basso peso alla nascita, alla sofferenza fetale, alla morte intrauterina o neonatale.
La diagnosi è praticamente di esclusione, in quanto le varie espressioni della funzionalità epatica (bilirubina, gamma-glutamil-transferasi, fosfatasi alcalina, transaminasi) sono quasi sempre nella norma, ad eccezione dei casi più gravi.
Criteri diagnostici della colestasi intraepatica della gravidanza |
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Nella diagnosi differenziale le altre cause di prurito, con o senza ittero, più frequenti nel corso della gravidanza sono:
con ittero
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epatiti virali o tossiche (funzionalità epatica alterata)
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colestasi extraepatica (dolore, febbre, urobilinogeno nelle urine)
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iatrogena (griseofulvina, sulfamidici, indometacina)
senza ittero
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candidosi e tricomoniasi vaginale
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scabbia
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pediculosi
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dermatite atopica
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neurodermite
A livello terapeutico, il prurito associato a lieve colestasi può trarre beneficio da blandi emollienti antipruriginosi, bagni soothing, oli di primrose. Utile la silimarina.
Nei casi più gravi si può fare ricorso alle resine sintetiche scambiatrici di ioni non riassorbibili, come la colestiramina, oppure l’acido ursodesossicolico o la fototeapia con UVB.
La colestiramina, in dose di 4 g. 2/3 volte al giorno, si lega nell’intestino agli acidi biliari, sottraendoli al circolo entero-epatico; necessita di parecchi giorni di somministrazione prima di alleviare il prurito, senza peraltro influire sulle anormalità biochimiche che sono alla base della malattia.
L’acido ursodesossicolico viene somministrato alla dose di 15 mg/kg/die per 3 settimane; esso incide sia sulla sintomatologia pruriginosa sia sulla stasi biliare, diminuendo anche il rischio di avverse outcome fetali.
Nei casi gravi può anche essere preso in considerazione l’uso di steroidi orali.
Nel caso la malattia si prolunghi per parecchie settimane è necessario monitorare il tempo di protrombina il quale potrebbe essere prolungato a seguito dell’alterato assorbimento della vitamina K.
Herpes gestationis
E’ la più conosciuta tra le dermatosi che si manifestano in gravidanza e quella la cui diagnosi in gravidanza ha un valore di assoluta importanza. E’ denominata anche “Pemphigoid gestationis”.
Criteri diagnostici dell’Herpes gestationis |
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L’incidenza della malattia è calcolata in 1 su 10.000/ 1 su 50.000 gravidanze. Compare durante il 2°/3° trimestre di gravidanza (mediamente alla 21° settimana).
Esordisce in maniera improvvisa attorno all’ombelico: compaiono papule orticarioidi, placche e lesioni anulari che rapidamente si diffondono all’addome, al dorso, al petto, seguite da una eruzione bollosa generalizzata, con risparmio del viso, delle mucose e delle regioni palmo-plantari.
La malattia si risolve generalmente (nel 75% dei casi) con il parto, che peraltro spesso è prematuro.
Può ripresentarsi nelle gravidanze successive, con anticipo rispetto alla prima volta e con maggior gravità, oltre a prolungare la sua presenza nel post-partum.
I corticosteroidi sistemici sono la terapia di prima scelta.
Eruzione polimorfa della gravidanza (polymorphic eruption of pregnancy) (PEP)
Conosciuta anche come “dermatite con papule e placche urticate e pruriginose della gravidanza – PUPPP”, “rush tossiemico della gravidanza”, “prurigo a insorgenza tardiva della gravidanza”, “eruzione polimorfa della gravidanza”, è la più comune tra le dermatosi associata alla gravidanza (1/130-300).
Benigna, si manifesta nelle primipare nel terzo trimestre (in media alla 35° settimana) o, eccezionalmente, nell’immediato post-partum. con aspetti polimorfi.
Le diverse denominazioni con la quale tale patologia è stata definita, rispecchiano i diversi e variabili aspetti con i quali è stata clinicamente identificata. Per evitare difficoltà interpretative, si è ritenuto di restringere la definizione riportata nel titolo ad un unico aspetto clinico-evolutivo.
In particolare si fa riferimento a quell’eruzione che inizia nella fase tardiva del terzo trimestre della gravidanza, caratterizzata papule di colore rosso intenso, talvolta circondate da un alone pallido, edematose, del diametro di 1- 2 mm ., che spesso confluiscono a formare placche orticarioidi sulle quali possono osservarsi delle minuscole vescicole. Caratteristica l’assenza di escoriazioni pur in presenza di sintomatologia pruriginosa.
L’eruzione inizia nei due terzi dei casi sulle striae distensae dell’addome che tendono a diventare tese, rilevate, prominenti. Le regioni ombelicale e periombelicale sono risparmiate mentre segue frequentemente una estensione centrifuga al tronco, alla radice degli arti ed alle cosce, con risparmio del viso e delle regioni palmo-plantari.
Il prurito, particolarmente significativo, può precedere l’eruzione cutanea di 1-2 settimane e nonostante l’intensità della sintomatologia soggettiva, è caratteristica l’assenza di escoriazioni. Le condizioni generali della gravida e del feto si mantengono buone.
L’evoluzione è verso la risoluzione spontanea, di solito nella settimana successiva al parto, ma talvolta i sintomi persistono sino alla sesta settimana.
In ragione di ciò, l’atteggiamento terapeutico deve limitarsi a medicazioni antipruriginose topiche, antistaminici e topici steroidei.
I tests sierologici e di immunofluorescenza sono negativi, permettendo di escludere la forma orticarioide dell’Herpes Gestationis.
Criteri diagnostici della eruzione polimorfa della gravidanza (PEP) |
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Prurigo della gravidanza (Prurigo of pregnancy) (PP)
Criteri diagnostici della prurigo della gravidanza (PP) |
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E’ una rara dermatosi, con una incidenza di 1 su 300 gravidanze. Esordisce comunemente tra la 20° e la 30° settimana di gravidanza, potendo persistere sino a tre mesi dopo il parto. Non vi sono recidive nelle gravidanze successive.
Sulle spalle e sulla superficie estensoria e flessoria degli arti (l’addome è interessato molto raramente ed eventualmente in maniera tardiva) compaiono piccole papule, isolate o raggruppate, talvolta sormontate da crosticine sieroematiche, associate a escoriazioni da grattamento conseguente al prurito.
Non vi sono rischi né per la madre né per il feto.
Si ritiene che la PP sia una conseguenza del trattamento in donne con anamnesi di atopia.
La terapia è solo sintomatica.
Follicolite pruriginosa della gravidanza (Pruritic folliculitis of pregnancy) (PF)
Criteri diagnostici della follicolite pruriginosa della gravidanza |
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E’ una patologia di rarissimo riscontro che esordisce nel II-III trimestre di gravidanza con micropapule e micropustole sterili sul dorso. Il prurito è intenso. Possono comparire in qualunque sede cutanea. Tende a risolversi prima del parto ma può protrarsi sino a due settimane dopo; può ripresentarsi nelle successive gravidanze.
Si ritiene, per la somiglianza con l’acne indotta da steroidi, che la PF possa essere la conseguenza della ipersensibilità del follicolo pilifero a tassi elevati di androgeni materni.
Il trattamento si base sull’uso del benzoilperossido al 10% e dell’idrocortisone all’1%.