Fumo di sigaretta e suoi effetti metabolici

Il fumo di sigaretta interviene negli equilibri metabolici, alcuni dei quali risulteranno aumentati, altri diminuiti. In particolare:

aumentati

  • metabolismo basale

  • VLDL colesterolo, LDL colesterolo

  • trigliceridi

  • glucosio

  • cortisolo

  • ormone della crescita

  • prolattina

diminuiti

  • HDL colesterolo

  • estrogeni

 

Metabolismo basale

La nicotina aumenta il metabolismo basale e diminuisce il senso della fame. Tendenzialmente il fumatore ha un peso inferiore al non fumatore e la maggioranza dei fumatori aumenta rapidamente di peso quando smette di fumare.

La giustificazione di tutto ciò è da ricercarsi in un enzima, la lipasi-lipoproteica. Questo è l’enzima chiave che regola l’assunzione e l’accumulo dei trigliceridi all’interno degli adipociti. E’ stato osservato che i livelli di lipasi-lipoproteica nel tessuto adiposo dei fumatori sono maggiori rispetto ai non fumatori (equiparati per sesso ed età) e che l’aumento di peso durante le prime settimane di cessazione del fumo era correlato ai valori di lipasi-lipoproteica misurati nel tessuto adiposo prima dell’interruzione del fumo. Quanto più alti erano i livelli dell’enzima, tanto maggiore era l’aumento di peso durante le prime settimane di astinenza. La lipasi-lipoproteica, aumentando la sua attività, svolgerebbe quindi una funzione di controregolazione nel mantenere il peso corporeo e la massa adiposa dell’individuo. Con la cessazione del fumo, in condizioni di significativo apporto alimentare, l’accumulo di tessuto adiposo sarà perciò tanto maggiore quanto più elevata è l’attività enzimatica basale.

Nei fumatori, inoltre, vi è una riduzione del senso del gusto e dell’olfatto, con conseguente incidenza sull’inappetenza. L’interruzione del fumo riporta ai corretti valori tali sensibilità.

VLDL colesterolo, LDL colesterolo

Profilo lipidico aterogenico: valori di VLDL più elevati, LDL più alte e più ossidate.

 

Trigliceridi

L’aumento dei trigliceridi sierici postprandiali nei fumatori (con normali livelli a digiuno) sarebbe riconducibile

  • ad una diminuita clearance dei trigliceridi causata dall’insulinoresistenza che si instaurerebbe gradualmente giorno dopo giorno per progressiva riduzione della sensibilità all’insulina  (l’insulina inducendo la sintesi di una lipasi lipoproteica favorisce l’idrolisi dei trigliceridi dai chilomicroni formatisi durante l’assorbimento intestinale dei grassi alimentari rendendo così disponibili i relativi acidi grassi per la lipogenesi nel tessuto adiposo).  

  • all’aumentata riesterificazione degli acidi grassi liberi (FFA).

 

Glucosio

Il fumo aumenta il rischio di manifestare il diabete, in entrambi i sessi. Nei fumatori si creerebbe una “insulinoresistenza”, per una probabile azione delle catecolamine e dell’ormone della crescita : ciò sarebbe alla base del diabete mellito non insulino dipendente (NIDDM). Certamente tale patologia riconosce una predisposizione genetica, ma le abitudini di vita ed il fumo in particolare hanno un ruolo fortemente condizionante. Più numerose sono le sigarette fumate e maggiore è il rischio, calcolato in oltre due volte e mezzo rispetto ai non fumatori in chi consuma più di 40 sigarette al giorno. A ciò  bisogna aggiungere come il fumo acceleri la progressione della neuropatia diabetica attraverso l’aumento della pressione arteriosa e alteri la funzione tubulare prossimale e glomerulare renale.

 

Cortisolo, ormone della crescita, prolattina

Tutti e tre risultano aumentati nei grandi fumatori. L’ipotesi patogenetica sarebbe da ricondursi ad una aumentata sensibilità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, come pure a variazioni dei neuroni ipotalamici colinergici-catecolaminergici o serotoninergici.

 

HDL colesterolo

Il fumo riduce la lipoproteina ad alta densità, limitandone quindi l’effetto antiaterogenico. La cessazione del consumo di sigarette determina un significativo rialzo dell’HDL.

 

Estrogeni

Il fumo di sigaretta ha un effetto antiestrogeno che può tradursi in:

  • infertilità

  • menopausa precoce

  • disturbi del ciclo mestruale

  • maggior incidenza di osteoporosi

  • maggior incidenza di fratture osteoporotiche

  • maggior facilità alla formazione delle rughe

  • minor incidenza di patologie dipendenti dagli estrogeni (es. endometriosi, Ca. dell’endometrio)

  • minor efficacia della terapia sostitutiva

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Last revised: 05/04/2006